La storia delle "caffetterie" in tutta la Sicilia è legata alle trasformazioni sociali ed economiche dei primi anni del 1800, quando le famiglie nobili e quelle borghesi decisero di uscire dai fastosi salotti aristocratici del tempo per aprire luoghi pubblici di incontro e di "conversazione", dove si sorseggiava il caffè, quella bevanda esotica, scura, introdotta in Sicilia dai Cavalieri di Malta, che aveva conquistato, insieme alla cioccolata, il gusto dei signorotti e di tutte le classi sociali. Fu una rivoluzione culturale , ma anche di costumi e di gusti al pari di altri cambiamenti dell'epoca, ben descritta oggi da un volume di Luigi Lombardo ( Il caffè Corsino di Palazzolo Acreide. La vita dolce di una impresa storica- Boom Studio), frutto di un attento lavoro di ricerca negli archivi della Camera di Commercio di Siracusa, di testimonianze inedite, interviste, oltre ad una ricca documentazione fotografica.
Sono pagine di vita vissuta, nelle quali emerge il percorso popolare della dolceria siciliana, ed in particolare l'esperienza di una storica caffetteria, nata nel cuore dei monti Iblei, a Palazzolo Acreide, nel 1868, poco prima della presa di Roma e dell'Unità d'Italia. Non a caso Luigi Lombardo è stato uno degli studiosi più vicini ad Antonino Uccello, l'etnologo siciliano che proprio nella deliziosa cittadina siracusana, oggi "Patrimonio dell'Unesco", volle creare, praticamente dal nulla, la sua "casa museo", un luogo magico che custodisce come uno scrigno di tesori la memoria contadina del popolo siciliano. E c'è tanto di Uccello in questo libro, da conservare tra gli oggetti più cari ed intimi, in cui scorrono, quasi come un album di ricordi, i volti, la genialità, la grande passione per l'arte della pasticceria della dinastia Corsino.
Nei dolci siciliani si ritrova spesso la simbologia delle feste cristiane, la ritualità popolare ed arcaica, i ritmi senza tempo delle stagioni : a Pasqua la “palummedda cu l’uovo” di pasta forte con zucchero e cannella, i gelati alla frutta e le granite di mandorla dell'estate torrida sicilana, le “crespelle” farcite con il miele per San Martino in autunno, i “facciuna” o i “ ciascuna” ripieni di fichi secchi, miele e mandorle per le feste di Natale, i "cannoli" di ricotta per la gioia del Carnevale. Una delizia di sapori, armonia, tradizione che si rinnova anno dopo anno, senza soluzione di continuita’. Ma nei banconi dei caffè siciliani troneggia anche l’arancina che dai Corsino, in quanto al nome , è simile alla palermitana, dalla forma a punta come si fa a Catania, ma assolutamente originale nel ripieno, con l’uovo sodo tagliato in quattro spicchi e con un dosaggio perfetto di ingredienti che Sebastiano Monaco, la moglie Lidia ed i loro splendidi quattro figli conservano come un "sacro graal". Non esiste, forse, in tutta l'isola una famiglia che ha saputo proteggere gelosamente per 150 anni le antiche ricette (racchiuse in tre quadernetti preziosi che vanno dagli anni trenta agli anni sessanta), ma nello stesso sempre rinnovandosi con la stessa passione, la stessa umiltà, le stesse virtù artigianali dei “padri fondatori”.
"Mia nonna faceva in casa cannoli e pasticciotti. Da una mia zia monaca imparai le "ossa i muorti" e i "ciascuna". Le cose più tradizionali sono quelle che vengono direttamente da casa mia, cioè che facevamo per noi e che portammo alla vendita", raccontava Salvatore Corsino allo stesso Lombardo in una “mini storia” del suo caffè , che coincide in parte con quella del mitico quartiere della “Guardia" dove fu realizzata nel 1880 la splendida villa comunale di Palazzolo Acreide ed il Teatro, distrutto, purtroppo, da un uragano. C'è il culto di un mestiere antico, faticoso, ma sempre creativo, condiviso per tanti anni con operai e collaboratori, alcuni dei quali sono entrati ragazzini e sono diventati uomini. C'e' l’orgoglio di essere rimasti nella nostra terra, il desiderio di riscatto sociale, la ricerca, forse, anche dell’immortalità.
La Sicilia 18 febbraio 2019