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Bangkok, la città in eterno movimento che piace tanto ai siciliani
lunedì 25 gennaio 2016
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E’ il dilemma di molti italiani. Con l’incubo degli attentati dell’Isis in ogni parte del mondo,dove trascorrere qualche giorno di vacanza in questo periodo dell’anno se si cercano sole, spiagge incontaminate, divertimento e, perché no, anche un po' di arte e cultura? Le offerte non mancano. Bisogna solo vincere la paura. Altrimenti si fa il gioco del terrorismo. "Sono andato in Thailandia tra Natale e la Befana con un gruppo di amici ”, racconta Gaetano, un siracusano trentenne, tonico e abbronzato come un bronzo di Riace. “C’erano in giro tanti italiani, russi, tedeschi, cinesi. Anche alcune famiglie siciliane con bambini in tenera età. Francamente mi è sembrato un paese sicuro. Anche di notte si vede poca polizia nelle strade, i controlli sono nella norma. Poi e' chiaro che i rischi ci sono sempre da queste parti. Ma non possiamo rinchiuderci in casa. Altrimenti si fa il gioco del terrorismo”. La Thailandia e' un posto magico che ti conquista subito con le sue tradizioni, i suoi templi bellissimi, la foresta tropicale del Nord, fino ad arrivare alle numerose isole, veri e propri paradisi in terra. La capitale, Bangkok, è una città in eterno movimento. La “Vucciria” o Ballarò al confronto fanno solo tenerezza. Un formicaio di auto, bus, motorini, taxi e soprattutto di tuk-tuk, le motocarrozzette semi aperte, dove si respira a pieni polmoni tutto lo smog di una metropoli di quasi dieci milioni di abitanti. Una giungla di cemento, grattacieli, centri commerciali e migliaia di cavi elettrici sospesi lungo le strade che si attorcigliano attorno ai palazzi come i tentacoli di una piovra. Non c’è differenza tra giorno e notte: dappertutto ci sono insegne colorate, mercati, bancarelle, centri massaggi stracolmi di gente sdraiata, fianco a fianco, sui lettini, favelas improvvisate anche a ridosso dei grandi hotel, banchetti di cibo e negozi sempre aperti. All’uscita delle stazioni della metropolitana, c’è una fila inestricabile di scooter, pronti a trasportarti per 100 bath (due euro) in ogni parte della città. “E’ il mezzo più veloce e pratico per spostarsi in città. Non c’è bisogno del casco o di prenotare. Monti sulla sella alle spalle del guidatore e sei sicura di arrivare in tempo al tuo appuntamento”, ci racconta (in inglese) con un sorriso Tuun, una ragazza thailandese di ventuno anni che studia Economia alla Thammasat University". Tuun ha vissuto un anno in Sicilia a casa di una simpatica famiglia di Palazzolo Acreide per studiare la nostra cultura. Ma le uniche parole italiane che pronuncia come un ritornello sono "perché”, “non lo so” e “spaghetti". I thailandesi, si sa, hanno un vero culto per il buon cibo che e' l'argomento principale delle loro conversazioni. Ci sono più di 1000 ristoranti italiani o che si spacciano per tali a Bangkok. C'e' persino una specie di " bistrot" siciliano, un locale lussuoso ( e caro) dove il cannolo e' degno della migliore pasticceria catanese. Il proprietario si chiama Carlo Di Stefano. Ha costruito un impero con trenta ristoranti in tutto il mondo. Era partito nel 1962 da Ragusa su un treno con un biglietto di terza classe per fare il barbiere a Londra, ma adesso gira in Rolls Royce ed ha migliaia di dipendenti. Descrivere Bangkok a chi non l’ha mai vista non è cosa facile, definirla metropoli è molto riduttivo. In nessun’altra città si riesce a percepire la differenza tra chi ha tutto e chi non ha niente. Il contrasto è palpabile, costante, quasi fisico. Si nota ovunque, nel traffico, nei bus, nelle vie, mangiando, anche se, la condizione ed il contatto con la parte povera dei suoi abitanti non è drammatico come si può vedere altrove, come se qui la miseria avesse una sua chiara e riconosciuta dignità. Tranne alcuni casi, nessuno è emarginato o invisibile. A Bangkok la ricchezza di un uomo si può misurare dall’altezza del luogo in cui si vive. In battello lungo il Chao Praya river, il fiume marrone e limaccioso che con i suoi canali navigabili taglia in due Bangkok, il contrasto tra i lussuosi alberghi e le misere catapecchie sulla riva è disarmante. Il tutto ed il niente nello stesso spazio, respirano la stessa aria. La cifra che un uomo d’affari può spendere ad un pranzo di lavoro su una terrazza all’ottantesimo piano dello Sky Center, con una vista mozzafiato sulla City, cento metri più in basso, in una casa gonfia di umidità, è la stessa che una famiglia spende per vivere in quattro o cinque mesi.
Ma per vedere al meglio gli estremi di questa grande capitale asiatica bisogna osservarla con calma, percorrere le sue vie, magari a piedi e senza fretta, solo così ci si può imbattere in scene e personaggi da girone dell’inferno dantesco, mendicanti e disabili che elemosinano il bath in modi a dir poco allucinanti, gente che vive sul gradino più basso di una nazione dove il reddito pro capite è di circa 2000 € l’anno, visto che un thailandese guadagna circa sette mila baht al mese (175 euro). Rispetto ai canoni occidentali è anche vero che il costo della vita è sicuramente molto basso: un piatto di riso può costare 1 euro, un massaggio tradizionale 3 euro, un tragitto in taxi attraverso tutta la città non più di cinque. Per qualsiasi cosa, il prezzo viene definito da una conversazione che è diventata una prassi in Thailandia: il venditore spara una cifra, il compratore fa una controfferta ed alla fine ci si mette d’accordo per un prezzo comunemente la metà di quello iniziale. Bangkok è tutto un frenetico mercato dalle prime luci dell’alba fino a notte inoltrata. Chinatown, che conta tre milioni di abitanti in prevalenza cinesi ed indiani, è il cuore di questa città – emporio. Nell'aria l’odore dello street food è ubriacante. Nauseante. Come quando ti propongono di assaggiare blatte e scarafaggi fritti, cavallette e scorpioni arrostiti, pesci dalle forme strane cucinati in enormi padelle per strada. Il kaho phat, ovvero il riso fritto, e’ un piatto con una base di riso jasmine (la varieta’ thailandese) che assume poi vari denominazioni in base alla variante che chiedete. La differenza principale e’ nel tipo di ingrediente che volete ci sia dentro: pollo, manzo, maiale, gamberi o granchio. Viene saltato in padella aggiungendo uova, cipolla, pezzi di pomodoro, coriandolo ed aglio. Il gusto viene esaltato dalla salsa di soia, un pizzico di sale e zucchero e salsa di pesce. E’ pronto in pochi minuti, servito spesso a forma di piccola cupola accompagnato da fette di cetriolo e pomodoro. Provatelo da Pun Thai, la catena di ristoranti che è anche una scuola di cucina thai nel mondo. Fantastico. Quanto al mare e le spiagge, bisogna andare a sud del paese, a Krabi, nelle isole di Puket, Phi-Phi, Koh Samui. E’ la zona della Thailandia devastata dallo Tsunami del 26 dicembre del 2004. Una tragedia nazionale che ha lasciato il segno. Ma nei lussuosi centri massaggi di Puket (dove per inciso si pratica su richiesta anche il "soapy body massage"), l'atmosfera e' ancora la stessa, raffinata, ovattata, quasi mistica. Un massaggio thai agli olii profumati o alle erbe puo' valere il prezzo di una vacanza. Sia chiaro: qui la prostituzione e' ufficialmente proibita. Ma basta sbirciare tra le migliaia di bancarelle che espongono scatole di viagra, cialis, profilattici per capire come l'industria del sesso rappresenti da queste parti una parte importante del prodotto lordo, circa il tre per cento, quasi 3 miliardi di dollari all'anno di introiti. La cittadina di Patong, nell'isola di Puket e' una sorta di parco divertimenti del sesso. Le ragazze thailandesi con occhi velati di tristezza si accompagnano a uomini di tutte le età, soprattutto turisti russi, tedeschi, cinesi, di tutte le stazze e di dubbio interesse. Quando fa buio, la “Bangla Road”, la strada principale del paese, e' un fiume di persone in uno scenario fatto solo di eccessi: Gogo Bars, locali di lap dance, spogliarelli, sesso sfrenato dal vivo sono in ogni dove, mentre ragazze, lady boys e gay si svendono nel mezzo della strada come carne da macello. Per attirare i "ricchi” occidentali, le giovani thai camminano seminude guardando con occhi maliziosi ed invitanti e chiedendo senza mezzi termini se vuoi compagnia con un inglese molto stentato. Litigano tra di loro addirittura se un uomo invece di una ne sceglie un’altra per poco piu' di 20 euro a notte. 
L’emergenza del turismo sessuale in Thailandia è cominciata a partire dal 1957 con l’arrivo degli Americani impegnati sul fronte di Guerra in Vietnam. A quei tempi le prostitute in Thailandia erano circa 20.000. Nel 1964 gli USA stabilirono sette basi militari in Thailandia, il numero delle prostitute aumentò, nel giro di sette anni erano 400.000 Si trattò di un vero e proprio accordo “commerciale” USA - Thailandia. "L’America ha bisogno di ragazze, noi abbiamo bisogno di dollari. Perché non dovremmo accettare lo scambio? Questa è un’inesauribile fonte di dollari per lo stato.” Fu questo il ragionamento del Governo thailandese, che ha sempre chiuso più di un occhio sulla tratta, nonostante le promesse di combattere la prostituzione. Bassine, more, lineamenti delicati, truccatissime, le giovani escort vengono quasi tutte da Isaan, una delle aree rurali più povere a Nord del paese. Una volta guadagnati abbastanza soldi tornano quasi tutte al proprio villaggio di origine, mettono su famiglia con i propri fidanzati, alcune si sposano con gli stranieri. Non per tutte questa è la professione della vita ma sembra essere un lavoro accettato, più o meno tacitamente. Questa rimane la nota dolente di questa “terra dei sorrisi”, dove le persone si salutano tutte con un inchino e le mani giunte,con le punte delle dita vicino al mento. Secondo la tradizione, il “wai” deve essere fatto per primo dalla persona più giovane o da chi ha uno status sociale inferiore a colui il quale il saluto è rivolto. Sono quindi gli studenti a rivolgere il saluto per primi agli insegnanti, i giovani agli anziani, figli e nipoti a genitori, gli impiegati al capo-ufficio. Niente baci o strette di mano. Sono gli insegnamenti del Buddismo: pensiero, purezza e gentilezza. Quella gentilezza ed educazione che alle volte un po’ imbarazza, cui non siamo più abituati nella nostra realtà quotidiana. Purtroppo.
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