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Il Carnevale piu' antico della Sicilia è salvo. Ma i problemi dei carristi di Palazzolo rimangono
martedì 25 febbraio 2014
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Nessuno sa con certezza quando sia nato il Carnevale di Palazzolo Acreide. C’è chi dice che sia il più antico della Sicilia, per via della similitudine con la processione in maschera della festa della Madonna Odigitria, "patrona" della cittadina iblea fino al 1688. Sta di fatto che sacro e profano, come annotava Antonino Uccello, hanno continuato a mescolarsi nel carnevale, in una sorta di "rito" collettivo, fatto di arte, satira, dileggio. Da almeno tre secoli si è andati avanti così, senza soluzione di continuità. Ma oggi, in tempi di crisi e di tagli secchi ai bilanci comunali, nemmeno la benedizione della Madonna, con tutto il rispetto, può fare miracoli. Per questo, ci si interroga su quale sarà il destino del Carnevale di questa cittadina di novemila anime, con le sue chiese di pietra bianca, i palazzi dai "cagnoli" misteriosi, il “Corso” dove la gente passeggia fino a notte fonda in una calma contagiosa. Come promuovere questa kermesse in modo da farla diventare un’opportunità di lavoro e una fonte di reddito per la città? Un dilemma simile a quello di tanti piccoli e grandi comuni siciliani, come Sciacca, Paterno', Bronte, Belpasso, Chiaramonte Gulfi, Termini Imerese, alle prese con gli stessi problemi di liquidità, forse con l'eccezione di Acireale, la cui grande sfilata ha discreti finanziamenti regionali. "Quest'anno il Carnevale di Palazzolo e' salvo. E sono convinto che sara' un ottimo Carnevale. Ci saranno grandi carri illuminati, tanti gruppi in maschera, musica e divertimento nelle piazze, le degustazioni classiche della salsiccia locale e del crostino di trota. Ma è chiaro che abbiamo fatto una fatica enorme ", chiarisce il vice sindaco e assessore al turismo di Palazzolo, Paolo Sandalo. "Non possiamo fare il passo più lungo della gamba. Sa quanto ci danno la regione e la provincia per organizzare questo avvenimento turistico che richiama ogni anno migliaia di persone? Un bel niente. Qui la gente fa tutto da sola. Abbiamo un budget di 73 mila euro che se ne vanno per i premi, la sicurezza e la pulizia della città. Non abbiamo sponsor. Pensare, poi, come propone qualcuno, di imporre un ticket per i forestieri, rappresenterebbe solo la morte del Carnevale. Non verrebbe più nessuno a Palazzolo. La mia proposta è quella di utilizzare dal prossimo anno il ricavato annuale delle "strisce blu". Almeno chi paga il parcheggio o la multa sa che finanzierà il Carnevale”. La parola d'ordine qui è sempre stata resistere. Già alcuni mesi fa, gli artigiani e i commercianti avevano lanciato un grido d’allarme abbassando le saracinesche e chiedendo l’istituzione di una zona franca in modo da pagare meno tasse. Anche i maestri artigiani della cartapesta non vogliono abdicare alla tradizione locale. Per realizzare un carro occorrono da sei mesi a un anno di lavoro, con spese che superano i 10-15 mila euro. La sfida è forte, le rivalità storiche, i sentimenti e l’orgoglio di un primo posto vanno ben oltre la differenza economica dei premi. Ma dopo questo periodo, i carristi rimangono soli con i loro problemi, con il costo del ferro e della benzina, con l’affitto dei garage da saldare, i potenti gruppi elettrogeni e dei trattori, la sicurezza sul luogo di lavoro, normative e regolamenti che, giustamente, devono essere rispettati. "Il nostro problema è come pagare i premi entro sessanta giorni”, ammette il vice sindaco Paolo Sandalo. “Purtroppo ogni anno usciamo indebitati dalla manifestazione. I carristi fanno sacrifici enormi. Senza di loro non ci sarebbe questo Carnevale. Hanno bisogno di avere certezze economiche". Mancano anche i capannoni a Palazzolo per assemblare i carri nei giorni della festa. Si potrebbero conservare i pupazzi senza smontarli e organizzare una sfilata anche in estate. Da anni i carristi lo chiedono al Comune. Se poi piove, è un mezzo disastro. Un problema in più per chi a un carro lavora un anno intero, per chi salda la “nassa” di ferro che mani esperte riempiranno di argilla fino a plasmare le sculture. Quindi una colata di gesso restituirà il negativo della maschera che poi sarà riempito con strati di carta imbevuta con colla fatta da acqua bollente e farina. “Non facciamo i carri per i soldi, ma solo perché abbiamo una grande passione”, racconta Gianpaolo Benvenuto, geometra nella vita ma carrista autodidatta da vent’anni, mentre è appollaiato su una scala a rifilare i denti del governatore Crocetta. Il suo carro si chiama metaforicamente “ I tagli”. E mai parola fu così azzeccata. “I nostri carri sono molto diversi dal passato”-sottolinea -Prima si usavano la paglia e il legno. Ora il telaio è tutto in ferro, i pupazzi sono molto più alti, fino a quindici metri. Ma questo è un mestiere destinato a scomparire, perché i Comuni non hanno piu' soldi da investire nel Carnevale. E i giovani che si avvicinano al cantiere sono sempre di meno. Hanno la testa altrove. Stanno tutto il giorno al PC su internet o con i telefonini…” Il Cantiere è il tempio del Carnevale. A Palazzolo come ad Acireale, Sciacca, Viareggio. E’ anche un luogo, unico nel suo genere, di aggregazione sociale, dove idee e creatività, manualità e talento artistico si incontrano e si fondono per la realizzazione di opere davvero complesse. Il cantiere è una seconda famiglia per chi vi si reca ogni giorno. Un luogo per non stare in mezzo alla strada per altri. Un mondo fantastico da esplorare per chi segue, con occhi curiosi, lo sviluppo di un carro. Non vi sono nomi ma solo soprannomi e modi di dire. "U scienziatu", all'anagrafe Vincenzo Guglielmino è da alcuni anni l'erede della grande tradizione artigianale dei Costa, dei Mimosa, dei Leone. Ma non importa chi sei, basta che sei pronto a impostare "a crita” nella nassa. Durante le ore di lavoro, si raccontano storie che si mischiano tra loro fino a diventare leggende. Come quando Turi Rizza, vestito da dio Nettuno, convinse una vecchia ereditiera siculo americana a fare da sirena appollaiata, mezza nuda, in alto in uno dei suoi ultimi carri. Una scena indimenticabile. Quell'uomo mezzo cieco, con il colbacco alla cosacca, che d’estate si coricava in una cassa da morto, è stato per almeno trent'anni il Carnevale personificato. Almeno tre generazioni di politici locali sono state riprodotte nei suoi carri, con una fantasia degna di un quadro di Dalì. C'erano il sindaco-onorevole "Scagghiuni", il vice sindaco "Super Leone"', l'assessore" Cardellino", il parroco "Gallina" e tanti altri personaggi mitici. Resta un mistero comprendere dove i carristi trovino la forza per creare queste opere irriverenti e ironiche, spesso soli e non certo invogliati da tutte le difficoltà che incontrano. Ma il Carnevale e' sacrificio. La luce elettrica illumina un carro su cui, magari, vi sono ancora soggetti dell’anno precedente. Pane e formaggio, un arancino, olive nere abbrustolite ed un bicchiere di nero d'Avola scandiscono un pomeriggio di pioggia. Si lavora fino alle prime luci dell'alba, bevendo litri di caffè per non sciupare nemmeno un minuto del tempo. Alla fine della giornata qualcuno “vede” già il nuovo carro. Come gli emigranti siciliani guardavano estasiati la statua della liberta quando arrivavano al centro della baia di Manhattan. Il carrista si commuove alla melodia di pistoni e motori, vede già il proprio carro accolto dalla folla danzante. Ci si sente appagati, come dei bambini. Ma con una sottile tristezza di chi sa che il prossimo anno forse potrebbe essere l'ultimo. La Sicilia 25 febbraio 2014 -----
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