Il siciliano Carpino come Papa Ratzinger ? Il mistero delle dimissioni dell'Arcivescovo di Palermo che negli anni settanta sfidò la mafia
Il paragone, certo, può sembrare azzardato. Ma la vicenda umana delle dimissioni di Papa Ratzinger ricorda, per certi aspetti, quella del Cardinale Francesco Carpino che nel marzo del 1970 si dimise a sorpresa da Arcivescovo di Palermo. Carpino è stato una delle personalità più prestigiose e controverse della chiesa siciliana del secolo scorso, che negli anni immediatamente seguenti al Concilio dette impulso al rinnovamento di strutture, metodologie e persone all’interno degli organismi del Vaticano. Era stato dal 1929 al 1951, professore di teologia dogmatica alla Pontificia Università Lateranense, divenendo , qualche anno dopo, uno dei più accaniti sostenitori della svolta riformatrice ed ecumenica di Papa Giovanni XXIII. Poi aveva capeggiato la Crociera della Fraternità tra i fratelli Ortodossi di espressione greca, una circostanza che aveva provocato non poca diffidenza nei suoi confronti. Per il suo esplicito ”modernismo” qualcuno lo aveva indicato persino tra i possibili successori a Papa Giovanni XXIII. Per questo, forse,lo stesso Papa Montini, ed alcuni Ordini ecclesiastici come quello dei Gesuiti, ne temevano la forte personalità ed il carisma. E persino l’ironia. Ne fa fede un episodio alquanto curioso. Una consuetudine quasi sempre seguita dai Papi appena eletti era quella di designare il Segretario del Conclave come prossimo porporato, attraverso il gesto significativo della ”traditio” del proprio zucchetto cardinalizio. Eppure, nel giugno del 1963, alla morte di Giovanni XXIII, il neo eletto Papa Montini, che prese il nome di Paolo VI, non ritenne di doversi conformare a questa antica prassi, destando una certa sorpresa ed imbarazzo negli ambienti del Vaticano. Il Segretario del Conclave era proprio Francesco Carpino, arzillo vescovo siciliano (era nato a Palazzolo Acreide), di cinquantotto anni. Nei giorni precedenti al Conclave,esattamente il 10 giugno del 1963, un giornalista lo aveva incrociato a Roma in Via della Conciliazione e gli aveva chiesto: ” E’ vero che lei ha dato disposizioni perché le tasche del primo vestito bianco del nuovo Papa siano cucite?”. Il monsignore lo aveva guardato stupito. ”Non capisco. Perché le tasche dovrebbero essere cucite?”. E il giornalista di rimando: ”Perché il Papa non potendosi mettere in tasca lo zucchetto potrebbe deporlo sul suo capo insignendolo anticipatamente del Cardinalato”. Carpino aveva alzato le spalle, anche se una risatella ironica era fuoriuscita dalla sua bocca. Pochi giorni dopo, il neo Papa Montini non consegnò, come ci si attendeva, lo zucchetto cardinalizio allo stesso Carpino. Molti si interrogano ancora sulle ragioni di quel ”rifiuto”.
In effetti, solo quattro anni dopo, nel giugno del 1967, Paolo VI decise di insignire Carpino del titolo di Cardinale e Arcivescovo di Palermo, come successore del Cardinale Ernesto Ruffini, scomparso improvvisamente, dopo un lungo episcopato. Una carica che lo stesso Carpino manterrà fino al 7 marzo del 1970, quando comunicò al Papa le sue dimissioni dalla diocesi di Palermo, ufficiosamente per motivi di salute, “perché le forze non mi consentono di lavorare con quel vigore e quella energia che il rinnovamento in atto nella vita della Chiesa esige”. Fu un momento di grave trauma per il clero siciliano. Uno choc anche per il Vaticano. Paolo VI invitò il Cardinale Carpino con una lettera autografa a riconsiderare la decisione di rinunciare al governo pastorale dell’Arcidiocesi di Palermo. Ma Carpino, dopo due mesi di riflessione, confermò le sue dimissioni. Al suo posto fu designato Monsignor Salvatore Pappalardo, all’epoca vescovo di Mileto. Che cosa aveva provocato quella frattura irrevocabile tra Palermo e Roma? Sul congedo da Palermo di Carpino circolarono tante ipotesi, alcune fantasiose, altre più o meno verosimili. Ma lo stesso Cardinale siciliano non permise mai a nessuno di infrangere questo segreto che addirittura lo portò a distruggere ogni forma di corrispondenza che accennasse alla vicenda. La chiave del mistero sembra essere contenuta nelle osservazioni inviate dalla Conferenza episcopale siciliana al competente organismo romano sul sinodo dei Vescovi, documento nel quale veniva chiesto un accordo tra la centralità del governo della chiesa e la decentralizzazione, “poichè se la prima è fattore di unità e garanzia di sicurezza, la seconda è fonte di vitalità e di giusta autonomia”. Dunque, Carpino come antesignano di una forma di “federalismo” o di “leghismo” nel mondo ecclesiastico? In effetti, i venti vescovi siciliani proponevano di dare maggiore possibilità di decisione alle Conferenze territoriali e regionali, di stabilire i compiti specifici di questi organismi, attuando una ‘corresponsabilità’ orizzontale dei vescovi nel Governo della Chiesa. Era uno strappo forte con la Curia di Roma. Ma il riordino delle circoscrizioni ecclesiastiche siciliane, e soprattutto le presunte interferenze politiche, non sono sufficienti a spiegare un gesto come quello delle dimissioni, così inusuale nella Chiesa. Carpino era un conservatore, ma non un integralista. Fermo nelle proprie convinzioni e tuttavia evangelicamente aperto. Buono e animato da una fede autentica. All' interno della Conferenza episcopale siciliana, pur essendo uno dei vescovi più autorevoli, di solito si adeguava alle decisioni di Ruffini al quale volentieri lasciava la scena, ma col quale, in diverse occasioni non mancherà di dissentire. La sua nomina ad arcivescovo di Palermo avvenne in un momento difficile. Siamo alla vigilia del terremoto che sconvolgerà la parte occidentale dell' isola e nel bel mezzo dei grandi cambiamenti che stavano investendo la Chiesa. L' unità politica dei cattolici non era più una verità di fede, ma la Dc continuava a governare anche se con crescente difficoltà. A Palermo dominava Salvo Lima, al Comune c' era Vito Ciancimino, che presto farà il sindaco, il sacco della città era in pieno svolgimento. Una stagione difficile, dai risvolti drammatici, che Carpino affronterà senza compromettersi, con dignitoso distacco. A metà degli anni Cinquanta nello scontro tra i Comitati civici di Luigi Gedda e l' Azione cattolica di Carlo Carretto e di Mario Rossi, pur non entrando nel merito della questione, prenderà le difese dei dirigenti dell' azione cattolica della sua Diocesi che in polemica con i Comitati civici volevano dimettersi. In quella occasione ne elogerà il lavoro e la testimonianza di vita. Lo stesso comportamento Carpino, qualche anno dopo, già cardinale, mostrerà nei riguardi delle Acli che erano state sconfessate da Paolo VI per la posizione critica che il movimento aveva assunto nei riguardi della Dc e per la «scelta socialista» che avevano fatto nel loro congresso. Anche in questa occasione il Cardinale, per nulla turbato, preferirà aprire un franco dialogo con i dirigenti locali piuttosto che esercitare nei loro riguardi, una drastica chiusura. L' atteggiamento sostanzialmente omertoso della società nei riguardi della mafia si rifletteva in quegli anni purtroppo anche nell' episcopato siciliano. Ma una certa reazione a questo diffuso costume pare che ci sia stata, almeno quando la mafia sconfinava o minacciava di sconfinare all' interno del campo ecclesiastico. Molti preti siciliani hanno confermato che il cardinale Carpino era tra i pochi vescovi che non nascondeva, ma che anzi enfatizzava come poteva, la sua insofferenza per il mondo malavitoso che vedeva crescergli attorno. Forse questa fu la vera ragione delle sue dimissioni. Il Cardinale non era molto sensibile alle cariche e agli onori. Da buon siciliano andava al sodo delle questioni. Gli piaceva molto stare a Roma, ma la città eterna non sempre fu benigna nei suoi riguardi. Sta di fatto che dopo il congedo dall’Arcidiocesi di Palermo, Carpino ridusse le sue apparizioni pubbliche e non ricoprì più in Vaticano incarichi di primissimo piano. Furono anni di servizio ben celato, spesso nella sua casa in campagna a Palazzolo Acreide, interrotto da un lungo viaggio nei paesi della ex ‘cortina di ferro’. Fu ricevuto a Mosca nell’agosto del 1973 (assieme all’Arcivescovo di Siracusa, Lauricella) dal vescovo Crisostomo che espresse la gioia del Patriarca Pimen per questa visita singolare, unica nella storia. Carpino ebbe anche il privilegio di predicare nelle cattedrali ortodosse di Leningrado e di Kiev, suscitando entusiasmo e applausi delle folle ortodosse. Negli anni successivi era divenuto Postulatore alla Causa di Pio IX, un pontefice da lui molto stimato. Fu una delle sue ultime battaglie coerenti. All’indomani del suo onomastico, il 5 ottobre del 1993, si spense, a ottantotto anni, nella sua residenza romana. Aveva fatto appena in tempo a ricevere la notizia che la C.E.I. aveva dato voto unanime a favore della beatificazione di papa Mastai Ferretti
Salvo Guglielmino
La Sicilia 17 febraio 2013