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L'aggressione a Bonanni: prima o poi ci scappa il morto
venerdì 10 settembre 2010
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C’ero anch’io a Torino quando i centri sociali hanno “caricato” il palco dove Raffaele Bonanni era stato invitato a parlare alla festa del Pd. Ho percepito il terrore nei suoi occhi quando la fiamma a 400 gradi del bengala lanciato, con una sicurezza agghiacciante, da una ragazza di ventiquattro anni lo ha colpito in pieno petto, facendolo vacillare. Abbiamo tutti trattenuto il fiato, storditi dai fumogeni e dalle urla di quella orda davvero scatenata. Ho visto gli edili della Cisl con le giacche ridotte a brandelli dalla furia di una cinquantina di ragazzini, con i jeans griffati ed i giubbotti di Ralph Loren, che non sanno nemmeno che cosa sia una fabbrica, un cantiere e la fatica del lavoro. Ho parlato con uno di quei balordi di Torino. Quando gli ho chiesto perché ce l’avevano tanto con la Cisl, mi ha risposto: ” Bonanni rappresenta il sistema che noi combattiamo e che vogliamo abbattere”. Un copione già visto. In un certo senso, mi ha ricordato la scena vissuta diciotto anni fa, quando Sergio D’Antoni, a Milano rifiutò gli scudi di plexiglass, gridando alla polizia di non caricare, ma fu colpito in faccia dai bulloni degli autonomi che protestavano dopo l’accordo con il Governo Amato sulla fine della scala mobile. Anche Bonanni non aveva voluto lasciare il palco quando era cominciata la contestazione-aggressione ben preparata, anche grazie ad una certa sottovalutazione degli organizzatori del Pd e delle stesse forze dell’ordine. Ma tra i due episodi, solo apparentemente simili, c’è una differenza importante: nei primi anni novanta tutto il sindacato italiano aveva accettato senza divisioni la sfida obbligata di nuove relazioni industriali. Anche la Cgil, non senza patemi d’animo ( andate a rileggere il comunicato con il quale Achille Occhetto liquidò, in fretta e furia, le dimissioni, poi ritirate, di Bruno Trentin dalla Cgil) aveva scelto di guidare insieme a Cisl e Uil, con grande senso di responsabilità, quella fase difficile della vita politica ed economica del paese, per certi versi non dissimile da quella attuale.
Oggi le cose sono diverse. Basta sfogliare le dichiarazioni di circostanza, imbarazzate, con le quali una parte della sinistra ha stigmatizzato i fatti violenti di Torino. Per carità, non è mancata la solidarietà al leader della Cisl. Ma ci sono stati anche toni giustificativi, persino assolutori, quasi a voler minimizzare l’episodio. Rubina Affronta è per qualcuno la solita “compagna che sbaglia”. E come direbbe Andreotti: Bonanni, in fondo, se l’è pure cercata. E’ colpa sua se la sinistra antagonista vorrebbe “zittirlo”, tappargli la bocca. C’è da chiedersi, poi, quale sarebbe questo famoso “tradimento” di cui si sarebbe macchiato il leader della Cisl ? Quale sarebbe il suo torto? Quello di avere siglato con Confindustria (il Governo c’entra poco o niente) un accordo che modifica (in meglio) il sistema contrattuale, così come era già previsto dall’intesa del 1993 voluta da Ciampi? Quello di aver evitato in questi mesi ai lavoratori tanti scioperi assolutamente inutili, in un momento di grave crisi economica? Oppure quello di avere accettato la sfida di Marchionne che ha deciso di continuare ad investire in Italia, nonostante tutti sanno ormai che oggi all’estero gli farebbero ponti d’oro? Quando non si hanno argomenti, si pensa solo a delegittimare l’avversario, indicandolo come un “bersaglio”. Sono le stesse cose che si dicevano di riformatori come Tarantelli, D’antona, Biagi. Insomma, chi vuole ”zittire” Bonanni oggi usa lo stesso linguaggio degli anni di piombo. La violenza verbale è già diventata violenza fisica. Ecco perché ha ragione Giampaolo Pansa quando su Il Riformista scrive che “si rischia l’inizio di un conflitto coperto di sangue”. Le condizioni ci sono tutte: un governo debole, una opposizione incerta sul da farsi, una classe politica totalmente screditata. E poi ci sono la crisi, la criminalità, i giovani senza futuro. Una miscela esplosiva. Qui, prima o poi ci scappa il morto. E noi della Cisl siamo i primi bersagli. Ci pensi bene chi sogna il “risveglio sociale” a suon di fischi e bengala incandescenti.
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