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25 ANNI FA LE BR UCCISERO EZIO TARANTELLI. MA UNO DEI TERRORISTI E' ANCORA LATITANTE
domenica 28 marzo 2010
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Sono passati esattamente venticinque anni dalla tragica scomparsa di Ezio Tarantelli. Aveva appena compiuto quarantaquattro anni quando la mattina del 27 marzo del 1985, in piena campagna referendaria sul taglio della contingenza, due assassini, affiliati alle Brigate Rosse, gli spararono alle spalle, nel parcheggio della Facoltà di Economia, a pochi passi dall’aula dove aveva tenuto una lezione ai suoi studenti. Tarantelli era un intellettuale libero, uno studioso dell’economia del lavoro cresciuto alla scuola del premio nobel Modigliani. Dopo la laurea, era entrato nel 1966 come funzionario al Servizio studi della Banca d’Italia dove aveva lavorato assieme a Carlo Azeglio Ciampi al primo modello econometrico dell’economia italiana, curando la parte alla produttività e ai salari. Poi aveva scelto con convinzione la strada dell’insegnamento , prima alla Cattolica di Milano dal 1971 al 1975 , e poi dal 1976 alla facoltà di Economia politica alla Sapienza di Roma. Tarantelli dirigeva dal 1981 anche il centro studi dell’ISEL(Istituto di Studi e economia del lavoro) da lui stesso fondato ed associato alla Cisl, il sindacato che aveva “sposato” le sue tesi contro l’inflazione attraverso il controllo delle dinamiche dei costi e la predeterminazione della scala mobile. Nei suoi articoli su ”Repubblica”, Tarantelli aveva sostenuto la tesi che per battere l’inflazione bisognava eliminare gli automatismi salariali e restituire al sindacato spazi di ”agibilità negoziale”, sottratti alle dinamiche automatiche del costo del lavoro. Aveva difeso con coraggio le sue idee sul controllo della spirale inflazionistica e sulla necessità di uno ”scambio politico”, come impegno del sindacato ”per evitare che altri decidano per lui”. Per questo è considerato il “padre spirituale” della concertazione e degli accordi sul costo del lavoro, a cominciare da quello del 14 febbraio 1984, passato alla storia come l’accordo di San Valentino, fino a quelli successivi del biennio 92-93 con i governi di Amato e Ciampi. Ma perché fu ucciso Tarantelli? E soprattutto chi furono i veri responsabili di questo delitto così efferato ? Sono domande a cui la giustizia non ha ancora saputo rispondere fino in fondo. Anzi, ci sono ancora tanti punti oscuri da chiarire. Quel giorno di marzo di 25 anni fa, Tarantelli era atteso alle 11,30 nella sede della Cisl da Tiziano Treu e Piero Craveri per stendere il manifesto per il no al referendum voluto dal PCI e dalla Cgil. Conclude la sua lezione e, anche se ha fretta, non rinuncia a cancellare le cose che ha scritto sulla lavagna dell’ aula 3 dell’ edificio che ospita, in via Castro Laurenziano, la facoltà di Economia e Commercio. Gli assassini, due, già lo attendono. Sono a pochi passi dalla Citroen Gsa, rossa, del professore. Parlottano tra di loro. Il più deciso, quello che sembra il capo, è vestito con eleganza di grigio, baffi, occhiali, si tira dietro una borsa nera. L’ altro appare più mingherlino in un maglione a collo alto sotto un giaccone militare. Tarantelli apre la portiera di sinista, si siede, tira giù il finestrino. I due s’ avvicinano.
Dicono: ”Professore, scusi…”, per farlo girare e colpirlo in pieno volto con l’ intero caricatore della Skorpion. Un comodo omicidio, compiuto in pieno sole e a volto scoperto. Sul suo corpo martoriato furono estratti diciassette proiettili. I due terroristi, prima di fuggire a piedi, lasciarono sul tergicristallo dell’ auto come sigla di morte, la Risoluzione numero 20 ,un documento di 70 pagine dove si affermava che “il salario si difende con il fucile”. Dell’omicidio vennero in un primo momento accusati Alessio Casimirri e Rita Algranati, i due coniugi implicati nel sequestro Moro, il primo fuggito in Nicaragua e la seconda poi estradata in Italia. In una seconda fase furono incriminati Barbara Balzerani e Gianni Pelosi per i reati di omicidio volontario, detenzione e trasporto di armi. Tuttavia, dopo una prima condanna in Corte d’Assise a ventotto anni di reclusione, Barbara Balzerani, l’ ex “primula rossa” delle Br, fu riconosciuta dalla giustizia solo come “mandante” dell’omicidio Tarantelli e condannata per “apologia di reato” a due anni di reclusione. Secondo i giudici il Br che avrebbe sparato a Tarantelli il 27 marzo 1985 è stato Antonino Fosso. Ma il nome del secondo killer di Tarantelli è tuttora avvolto dal mistero. Non si conosce il suo nome e non si sa nemmeno se si trova in Italia. Fosso fu arrestato nel 1988 nei pressi della via Cristoforo Colombo mentre si apprestava a compiere un altro attentato. Per mesi si parlò che la vittima designata dalle Br poteva essere l’ allora presidente del Consiglio, Ciriaco De Mita, che abitava nella zona del Laurentino. Gli inquirenti poi, appurarono che l’ obiettivo brigatista era invece il senatore Roberto Ruffilli, che fu ucciso qualche mese dopo nella sua abitazione di Forlì. Ma il mistero riguarda anche l’arma che uccise Tarantelli. La mitraglietta Skorpion è la stessa arma che le BR useranno per uccidere nel febbraio del 1986 il sindaco di Firenze, Lando Conti e il 16 aprile del 1988 il senatore Ruffilli, che si occupava di riforma dello stato. Il mitra fu ritrovato a Milano nel covo brigatista di via Dogali nel giugno 1988. La Skorpion era stata acquistata regolarmente nel 1971 dal cantante Enrico Sbriccioli in arte Jimmy Fontana. L’ arma fu poi ceduta nel 1977 ad un funzionario di polizia, secondo le dichiarazioni del cantante, ma il presunto acquirente, interrogato dal magistrato, ha negato questa circostanza. Messo sott’ accusa, la sua posizione è stata stralciata perché il reato di detenzione illegale di arma è ormai prescritto. Una vicenda piena di ombre. Poi non si sa come questa mitraglietta sia finita nel 1978 nelle mani di un gruppo di terroristi denominato Nuclei armati per il contropotere territoriale, lo stesso che rivendicò l’ attentato di via Acca Larentia. Successivamente la mitraglietta è stata adoperata dai Br del partito comunista combattente, per uccidere Tarantelli, Conti e Ruffilli. Per i magistrati i terroristi hanno sempre agito da soli e da soli hanno scelto le vittime. Fosso non ha mai voluto fare il nome del suo complice e non si è mai ”dissociato” dalla lotta armata. Anzi ha persino rivendicato, anche dalla prigione, l’uccisione di Massimo D’Antona e Marco Biagi. Barbara Balzerani ha avuto diverse condanne all’ergastolo, primo fra tutti quello per la strage di via Fani e il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro. Nel 1995 ha ottenuto il permesso per il lavoro esterno. Negli ultimi anni ha pubblicato due libri di successo ’Compagna Luna’ e ’La sirena delle cinque’. La stessa “carriera” editoriale di Renato Curcio che partecipa a convegni in giro per l’Italia e pubblicizza i suoi libri ( “L’azienda totale”, “Il dominio flessibile”) in cui descrive le aziende italiane come “luoghi di violenza fisica e psicologica”, dove i lavoratori subiscono una “torsione identitaria che li porta a non provare più alcuna emozione di partecipazione , di gioia e di dolore”.

La Sicilia- 27 marzo 2010





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