E’ storia nota. E quasi non si contano, ad oggi, i saggi più o meno letterari di quanti hanno tentato di “sindacalizzare” la figura di Gesù, ridotto ad espressione di un certo “sinistrismo” ideologico-politico, dove le qualità “cristiche” di Messia e Salvatore vengono spente fino al punto da renderle agli occhi dei giovani del tutto insussistenti. Contro tali distorsioni dell’autentico messaggio cristiano intese rispondere, attraverso alcune delle sue opere, Giuseppe Rovella, scrittore siciliano il cui valore non è purtroppo stato riconosciuto a dovere quando era in vita ma che a distanza di vent’anni dalla morte viene acutamente rivalutato da un appassionato saggio di Emanuele Messina (“Dal Bagolaro alla sequoia. La vita e l’opera di Giuseppe Rovella”, Romeo editore, pp. 198, euro 13,00). Una ricerca certamente non facile, come riconosce lo stesso studioso siracusano, per l’ampiezza e la problematicità delle opere di Rovella (edite ed inedite) che nasce da un “obbligo di amicizia” durata almeno quindici anni. E da una convinzione: che la narrativa di Rovella sia fra le “migliori del nostro tempo, per l’originalità dei temi, per il supporto culturale, interamente amalgamato e sublimato e per la bellezza , la delicatezza, la cura e l’efficacia del narrare”. Rovella è un vero e proprio “caso“ letterario. Nonostante la fitta tela di corrispondenze con pensatori e letterati, critici e editori, i suoi sei romanzi, i saggi, ed i racconti non trovarono mai il giusto riconoscimento. Un percorso sempre in salita, quello dello scrittore-filosofo di Palazzolo Acreide, al contrario di tanti narratori contemporanei molto meno dotati di lui. Rovella fu narratore di insuccesso in un momento e in una regione di scrittori di successo. Aveva esordito con la poesia, poi sull’onda della lunga frequentazione con Ugo Spirito e Cleto Carbonara aveva pubblicato nel 1975 un lungo saggio di filosofia teoretica (“Un uomo, una filosofia”, Giannini editore). Nella sua “ansia mai appagata di trascendenza”, era lentamente approdato dal razionalismo kantiano allo spiritualismo. Ma alla fase “cristica”(che comprende le opere Vita di Gesù, L’Ora del destino, I colloqui di Wichita, L’Angelo e il Re, Le Madri) Rovella ci arriva attraverso un percorso tortuoso, con una concezione della vita spirituale come “ricerca” di fede (fondamentali per lui furono le letture degli scritti dell’allora cardinale Ratzinger) ed un confronto costante con un gruppo di intellettuali a lui vicino (Augusto Del Noce, Ugo Ronfani, Franco Cardini e lo stesso Emanuele Messina). Emergono tutte le preoccupazioni sulla crisi dell’Occidente, sul nichilismo imperante, sulla necessità di un ecumenismo più “selettivo” che non può accogliere “tutto e il contrario di tutto”. Sul piano narrativo, il Gesù di Rovella, sebbene sia sulla linea dell’ortodossia cristiana e dei Vangeli sinottici, è soprattutto un Gesù esoterico, ribelle, zingaresco, contadino, mediterraneo, un Gesù “scandalo” che atterrisce i benpensanti, “che rompe in due la storia”, come sottolineava lo stesso scrittore siciliano in una lettera a Padre Giachi, suo recensore in “Civiltà Cattolica”. Parlando di Gesù lo delinea con tratti di commossa simpatia (“Ogni giorno lo attenderemo in loco per ascoltare da lui meravigliose fiabe…) ne coglie il suo amore profondo per la natura, i suoi odori, le sue albe, i cieli stellati. Ma è anche un Gesù “piccolo Dio”, che sta con i sofferenti e i bisognosi, che incarna le caratteristiche dello Spirito Santo nella sua purezza e riconcilia Dio agli uomini.
Conquiste del lavoro- 7 febbraio 2009