Giuseppe Fava: dimenticato dai palazzolesi da vivo, ma riscoperto da morto
domenica 4 gennaio 2009
Non so dirvi come Fava avrebbe preferito un monumento nel suo paese natale. Se avesse potuto giocare una sola volta in Nazionale, lo avrebbe voluto in maglietta e calzoncini in rovesciata alla Piola. Il tennis, la pallanuoto, il calcio, non parlava di altro e non faceva altro quando era fuori dalla redazione del suo giornale. E poi il cinema e il teatro. La prima esperienza teatrale Pippo la fece a Palazzolo nell’allora cinema teatro Sardo (oggi King). Debuttò nei panni di attore in una tragedia ‘Vortice’ di cui lui era anche l’autore. Pippo recitava la parte di un vecchio malato che muore nell’ultima scena. Ma nel pieno del dramma a Fava cadde improvvisamente la lunga barba e la tragedia si trasformò in una farsa. Non fu un debutto felice e nessuno avrebbe scommesso una lira su quel giovanottone. Passarono gli anni. Pippo ormai studiava Legge a Catania e fu lì che ebbe inizio la sua carriera giornalistica: caporedattore del giornale del pomeriggio ‘Espresso Sera’, inviato speciale della ‘Sicilia’, Direttore del ‘Giornale del Sud’ e dei ‘Siciliani’. Poi vennero i libri, tutti pubblicati da Bompiani : “Gente di rispetto” (1975), “Prima che vi uccidano” (1976), “La passione di Michele” (1978). La scrittura di Fava è potente, suggestiva, molto efficace. Non c’era nella sue opere una immagine nuova della Sicilia. Fava univa la passione letteraria con la battaglia vivile e sociale. Il suo era un costante monito: fare presto per bloccare le forze eversive e delinquenziali della Sicilia, se si vuole che la Sicilia viva. Nel suo paesello ci tornava ogni tanto di sabato per abbracciare i genitori, poi ripartiva per Catania, la sua città adottiva. In effetti Palazzolo ha riscoperto Giuseppe Fava solo dopo il suo feroce assassinio. In pochi avevano letto i suoi libri o i sui reportage prima che fosse ucciso. I due giornali fondati da Fava (Il Giornale del Sud e I Siciliani) non mi pare che avessero avuto a Palazzolo una larga diffusione, nonostante la buona volontà del mai dimenticato Ugo Santoro. Così come Fava non fu mai invitato a parlare in pubblico della sua attività professionale. Diciamolo: fu sostanzialmente ignorato dalle istituzioni, dal liceo, dai circoli culturali e anche dalle tante associazioni che oggi fanno a gara a ricordarne il nome. Anche quando Luigi Zampa girò a Palazzolo, alcune scene di “Gente di rispetto” nessuno a Palazzolo si sognò di chiamare Fava e di chiedergli che cosa ne pensasse della ricostruzione filmica del suo libro. Ricordo che alla prima del film, al cinema Odeon non fu nemmeno invitato( tanti anni dopo me lo confessò lui stesso con un pizzico di malinconia). Ma questa sostanziale indifferenza dei palazzolesi per l’attività dei palazzolesi è una costante che riguarda tanti altri personaggi. Penso ad Antonino Uccello, a Giuseppe Rovella, allo stesso Cardinale Carpino. Nessuno di loro ebbe in vita i giusti riconoscimenti. Nemo profeta in patria. Certo, nel caso di Fava ha influito forse anche la politica. Era un uomo autenticamente di sinistra, sostanzialmente “comunista”. Palazzolo invece è stato saldamente governato per tanti anni dal democristiano Giovanni Nigro. Non penso che questi due “sanpaolesi” doc si amassero troppo. Fava era un uomo passionale, istintivo, eclettico. Aveva un cuore immenso e i suoi occhi si illuminavano soprattutto alla vista dei bambini. Una volta venne a girare a Palazzolo una scena di un documentario. Radunò un gruppo di ragazzini li portò nella ‘sua’ piazza di San Paolo. Poi comprò un pallone e lo buttò nel mucchio. I bambini cominciarono a giocare e lui girò l’intera scena così come era venuta spontaneamente. Gli parve, disse, di essere tornato indietro nel tempo e di rivedere se stesso correre dietro quel pallone. Aveva un colorito bruno, il naso adunco, lo sguardo tenebroso, un sorriso sardonico. E su quel volto coltivava una barba aguzza, nerastra, ferrosa. Sembrava un saraceno, con una sigaretta che gli pendeva perennemente dalla bocca. Portava sempre un maglione e un cappottaccio. Qualche volta andai a trovarlo a Catania nella redazione de “I Siciliani”, dove aveva allevato un nugolo di giovani promesse del giornalismo siciliano, tra cui anche il figlio, Claudio. C’era un disordine incredibile, ma era una confusione creativa, militante. Uno dei miei primi articoli fu pubblicato su quella rivista: era un servizio sulla base radar di Mezzogregorio, legato allo spiegamento dei missili Cruise a Comiso. Fava e il suo giornale combatterono una dura battaglia contro la decisione della Nato di installare la base missilistica in Sicilia. Poco prima dell’Epifania del 1984, rividi Fava a Palazzolo Acreide. Indossava pantaloni di fustagno chiari ed un giubbotto nero di pelle su un girocollo che mi parve troppo leggero per una giornata invernale. Era sempre lo stesso. Il volto scarno, pur solcato dalle rughe di sempre,era disteso. E persino la sua barba mi parve più nera dell’ultima volta. Era venuto per un convegno su “Mafia e violenza”, organizzato dal preside dell’Istituto tecnico industriale. Penso che sia stata l’unica occasione in cui abbia parlato a Palazzolo. E fu anche l’ultima sua uscita pubblica. Davanti a centinai di giovani, in quel cinema dove egli aveva debuttato come attore, parlò a lungo e raccontò che cosa era per lui la mafia, e indugiò sulla sua esperienza giornalistica. Lasciò un ricordo indelebile su tutti. Ho ancora negli occhi l’immagine di quell’uomo che mi abbracciò mentre usciva dai silenziosi atrii del cinema. Due giorni dopo, il 5 gennaio, un killer gli ha sparato alle spalle mentre andava a prendere la nipotina Francesca al Teatro Stabile, dove andava in scena il suo ultimo dramma: “L’ultima violenza”. Conquiste del lavoro- Roma- 4 gennaio 2009 Conquiste del lavoro- Roma- 4 gennaio 2009 |
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