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La storia di un sindacalista della Cisl paralizzato da tre anni a causa di un incidente stradale "Lavita è sacra. Anche il coma è vita"
martedì 29 luglio 2008
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La foto di Aldo Moro è poggiata quasi come un ex- voto sul comodino accanto al letto. “E’ un ricordo a cui tengo molto. Stranamente la sua firma si trova all’inizio della lettera che mi spedì tanti anni fa,prima del suo rapimento. Non ho mai capito il perché. L’ho chiesto al figlio Giovanni che è venuto spesso a trovarmi in questi mesi. Mi ha risposto che Moro scriveva così tanto che poi non rimaneva spazio a sufficienza per la sua firma. E così la siglava in alto, proprio all’inizio del testo”.

Parla lentamente, con immane fatica Rubino Alfani. Ogni parola è scandita, sofferta, ma l’accento, lievemente toscano, è quello di un tempo. Da quasi tre anni, è immobile in un letto, totalmente paralizzato, a causa di un terribile incidente. Rottura della seconda vertebra cervicale e della quinta vertebra lombare. La sciagura più terribile che possa capitare ad una persona. Ma la sua mente è rimasta lucida. Un turbinio di ricordi, di stimoli, di riflessioni. “In fondo sono stato fortunato. Se non mi avessero operato subito non sarei sopravvissuto, dopo quel volo sull’asfalto davanti al Campidoglio. Mi ha investito un auto sulle strisce pedonali. Era una persona molto anziana. Ha detto che non mi ha visto”.

Rubino Alfani è stato a Roma uno dei fondatori dei bancari della Cisl. Ha lavorato a lungo anche nella sede nazionale di Via Po. Tutti lo hanno conosciuto. E’ stato lui ad aprire la prima “cellula” del sindacato alla Banca d’Italia, tanti anni fa, quella a cui era iscritto anche Carlo Azeglio Ciampi. Poi ha combattuto strenue battaglie contro lo strapotere di un certo mondo finanziario a volte troppo compromesso con la politica, “borbonico” e salottiero, che non amava i sindacalisti ficcanaso come lui. L’Imi era il suo bersaglio preferito, il punto di osservazione privilegiato. Alfani conosceva vita e miracoli di tutti, era (ed è) un archivio vivente del mondo bancario ed economico: nomi, dinastie, fusioni, accordi. Persino i matrimoni. Quando i giornalisti dei quotidiani economici avevano bisogno di una informazione, Alfani era la loro fonte preziosa. E poi tante vertenze sindacali. Alcune vinte, altre perse. Una delle ultime, quella per l’ente cellulosa e carta: mille e duecento persone salvate dal licenziamento. “Fu una bella pagina per il sindacato. Qualcuno mi viene ancora a trovare. Mi ringraziano con affetto. Da Salerno, una signora mi ha portato la mozzarella di bufala. Ma io mangio così poco”.

Ora quest’uomo, di 69 anni è inchiodato ad un letto. Testa, braccia e gambe inerti. E’ rimasto due anni in ospedale,presso il centro specializzato del CTO per le lesioni del midollo spinale. Una lotta contro le piaghe da decubito, le infezioni polmonari, l’atrofia dei muscoli. Contro tutto quello che si accanisce nei confronti di un organismo immobile, inerte come un manichino. Ma Alfani non si è mai arreso. Qualche giorno fa, in ospedale, ha ricevuto in dono una pergamena dai suoi amici sindacalisti della Fiba Cisl del Lazio. C’era anche Franco Simeoni, bancario come lui, che oggi guida la Cisl regionale. Alfani piange mentre ce lo racconta. Ma ora è tornato a casa. La sua vita è scandita dalle lunghe ore di fisioterapia, dalla radio, dalla grande pianta di magnolia fiorita davanti alla sua finestra, dalle letture dei giornali che altri fanno per lui. La moglie Renata ed i due figli si alternano al suo capezzale, ininterrottamente. “Mia moglie in tre anni ha saltato solo un giorno perché aveva la tosse forte e temeva un contagio per me”, racconta Alfani. “Ci sono stati momenti terribili. Ma la fede, la solidarietà e l’affetto della mia famiglia e dei miei amici mi hanno aiutato ad andare avanti. Guardi, da qualche tempo riesco a sollevare le mani”. E’ un gesto infantile, che gli da fiducia nonostante non arrivi a sfiorarsi il volto.

Non si è mai perso d’animo Rubino. Si tiene informato, segue ed apprezza le uscite di Bonanni in televisione e sui giornali. La Cisl, il sindacato e la politica rimangono , in fondo, la sua vita. Fin dai tempi dell’università, nella federazione degli studenti cattolici, accanto a uomini come Nuccio Fava, futuro direttore del tg1.”Ci sentiamo ogni tanto al telefono. Lui non sa quello che mi è successo. Mia moglie non ha voluto dirglielo per non farlo rattristare. E’ un uomo molto sensibile”.

Il cane di famiglia, silenzioso, si raggomitola sotto il letto. Rubino Alfani non può vederlo, perché non può girare o sollevare la testa. Riesce a muovere solo gli occhi. I fisioterapisti dicono che presto riuscirà a stare su una carrozzina elettrica costruita appositamente per lui. Chissà, così forse potrà andare sul terrazzo. O magari rivedere il suo ufficio di Via Po. Lui in fondo è ottimista. Spera un giorno di tornare a camminare. Non ha mai pensato al suicidio. E parla anche del caso di Eluana Englaro. “Non sono d’accordo sulla sentenza di quei giudici che hanno autorizzato a sospendere l’alimentazione a quella ragazza. La vita è un dono di Dio. E’ una cosa sacra. Anche il coma è vita. Che ne sanno i magistrati se questa ragazza pensa, sogna, percepisce l’affetto che la circonda? E come fa il padre a dire che la figlia avrebbe voluto staccare la spina? Sono scelte difficili,dolorose. Io non mi sono arreso mai. Ci sono state tanti casi di persone che si sono svegliate dal coma. Bisogna lasciare decidere alla provvidenza. Come è accaduto nel mio caso”.



Avvenire 26 agosto 2006
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