L'Erg di Garrone non venderà l'Isab ai russi. Ma la vera partita in Sicilia si gioca sui rigassificatori
lunedì 7 aprile 2008
“Il gruppo di Garrone vuole portare nei prossimi mesi la produzione a Priolo da 15 a 18 milioni di tonnellate raffinate”, è stato il commento soddisfatto di Sergio Gigli, segretario generale dei chimici Cisl. “Credo che ci saranno positive ricadute anche per l’occupazione. Erg continuerà a far crescere, in sinergia, i quattro filoni produttivi della società: raffinazione, energia, distribuzione e fonti alternative, a cominciare dall’eolico”. Il gruppo genovese è già presente nel mercato elettrico con una produzione di circa 5 miliardi di Kwh annui. La generazione è concentrata nell’impianto di Priolo, nei pressi del polo petrolchimico, dove la stessa Erg combatte da oltre tre anni una estenuante battaglia con gli enti locali per la costruzione di un rigassificatore. Un braccio di ferro che ha già fatto lievitare da 400 ad 800 milioni di euro il costo dell’impianto. Troppe lungaggini burocratiche, troppa incertezza nelle necessarie autorizzazioni. “E’ il costo del non fare”, ha sottolineato qualche giorno fa Edoardo Garrone, il patron della Erg. “Il progetto ci è costato 15 milioni di euro. Ma siamo ancora a metà del guado. Così si buttano via le opportunità. E siamo costretti ad investire in altri paesi europei come la Francia”. Il rigassificatore che la Erg dovrebbe realizzare a pochi chilometri dal centro abitato di Priolo attraverso la “Jonio gas”(una joint venture con la Shell), prevede a pieno regime 150 posti di lavoro fra diretto ed indiretto ed una capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas che potrebbero arrivare a 12 miliardi. Nei tre anni necessari per la costruzione è stato stimato l’impiego di manodopera per 1500 lavoratori. Ma ora tutto dipenderà dall’esito delle elezioni. “Siamo riusciti a sbloccare la costruzione di rigassificatori a Rovigo e a Livorno. In Sicilia quanto meno si deve puntare ad autorizzare uno dei due, a Porto Empedocle o a Priolo’’, assicura Sergio D’Antoni, vice ministro per lo sviluppo. ’’Cio’ per garantire una sufficiente produzione di energia per gli utenti domestici e le aziende, e anche per generare sviluppo dalle attivita’ economiche collegate ai rigassificatori’’. Lo scorso giugno gli amministratori di “Jonio gas”, Marco Brun e Pietro Muti, avevano annunciato l’apertura del cantiere nei primi mesi del 2008. Per quella data, la società puntava ad ottenere tutti i permessi, compresa la valutazione di impatto ambientale. Poi il Tar ha dato il via libera ad un referendum consultivo nel comune di Priolo. Su 5834 votanti, solo 75 cittadini hanno votato a favore del rigassificatore. Un parere che pesa sulla decisione finale, visti i pronunciamenti già contrari da parte di tutti gli enti locali e delle forze politiche siciliane, nessuna esclusa. Una vicenda, in parte, simile a quella di Porto Empedocle. Qui,un altro grande gruppo industriale italiano, sta combattendo da più di tre anni una estenuante battaglia burocratica per la costruzione di un altro rigassificatore. L’investimento previsto è di circa 600 milioni di euro, che serviranno a dare lavoro a regime a 200 persone. Ci vorranno 4 anni per la costruzione del rigassificatore e per questo l’Enel prevede di impiegare almeno 9oo lavoratori della zona per le varie fasi della costruzione. Il progetto è ambizioso. I serbatoi del gas saranno interrati, in modo da minimizzare l’impatto visivo e resistere ad eventi estremi come terremoti, mareggiate, collisioni. Forse anche per questo, a differenza di Priolo, qui, a due passi dalla valle dei templi e dalla casa di Luigi Pirandello, gli enti locali hanno dato tutti parere favorevole, a cominciare dall’Assessorato regionale al territorio e ambiente. D’accordo sulla costruzione del rigassificatore sono anche la provincia di Agrigento, l’Assessorato ai beni culturali e persino la Sovrintendenza di Agrigento. L’unico ad avere sollevato una serie di dubbi è il Ministero dell’Ambiente, che dovrebbe fornire nei prossimi giorni l’ultima valutazione di impatto ambientale relativa al prolungamento del molo di levante per circa 800 metri. Secondo la legge, l’iter autorizzativo dovrebbe durare al massimo 150 giorni. In realtà, è dal maggio del 2006 che il Ministero dell’Ambiente reitera le sue osservazioni sul progetto originale. L’Enel sostiene che la realizzazione del braccio di levante consentirà la fruizione della zona portuale in tutte le condizioni di mare ed attenuerà il fenomeno dell’insabbiatura all’imboccatura del porto. I dragaggi permetteranno l’accesso anche alle navi di grandi dimensione, comprese quelle di crociera. Insomma, oltre al gas, a Porto Empedocle, arriveranno ogni anno anche più turisti. Ma i tecnici del Ministero dell’Ambiente non la pensano così. In particolare viene agitato lo spettro di incidenti connessi alle manovre portuali. In caso di fuoriuscita di vapori da una nave metaniera potrebbe scaturire una “nube di fuoco“, che si spanderebbe sulla superficie del mare e raggiungere rapidamente la costa. Ma all’Enel ribattono che l’ampia area di interdizione alla navigazione e la soluzione offshore aumentano il livello di sicurezza per il territorio in caso di improbabili incidenti. Le navi GNL sono progettate a “doppio scafo” per limitare la formazione di vapori. E all’Enel sottolineano un altro dato: in 40 anni, le navi metaniera hanno compiuto oltre 49 mila viaggi senza nessun incidente degno di nota. “L’Italia può acquisire gas solo dai gasdotti transiberaiani e nord africani”, sostiene Carlo De Masi, leader degli elettrici Cisl. “I rigassificatori consentirebbero di diversificare i fornitori. Il prezzo del gas acquisito si abbasserebbe e l’Italia grazie alla sua posizione strategica diventerebbe un hub del gas naturale”. Quanto alla sicurezza, i sindacati fanno notare che il livello di sicurezza è ampiamente garantito. “Anche noi siamo per difendere l’ambiente. Ci mancherebbe altro”, sottolinea De Masi. “Ma alla fine bisogna decidere. Non possiamo stare in attesa per anni delle decisioni del Ministero dell’Ambiente. Qui ci vuole una scelta chiara del sistema-paese. Oggi ci sono le tecnologie per arginare i rischi ambientali. Tra l’altro abbiamo chiesto anche delle compensazioni per i territori dove vengono collocati questi impianti, prevedendo un costo dell’energia più basso, sia per i cittadini, sia per i servizi”. Panorama- ”Economy” - 4 aprile 2008 |
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