Ora i "Santoni" di Palazzolo hanno un volto
mercoledì 30 gennaio 2008
Il centro principale del culto di questa divinità orientale della fecondità era Pessinunte, in Turchia, da cui passò,approssimativamente nel VII secolo a.C., nelle colonie greche dell’Asia minore e, successivamente,nel continente, fino ad arrivare nel IV secolo a. C. a Siracusa. Ed è probabile che dai siracusani sia stato introdotto alla fedele colonia di Akrai. Sotto l’influenza greca, il culto perse molte delle sue caratteristiche barbariche, che riaffiorarono in epoca ellenistica. Anche nei “Santoni” di Palazzolo Acreide, la Magna Mater è assisa in trono, una lunga veste che cade da una spalla, gira intorno alla vita e scende oltre i ginocchi, i capelli che ricadono intrecciati sulle spalle e sul petto, la mano destra regge una patera e l’altra un timpano, una specie di tamburo. Ai lati del trono o nella scena, sono sempre rappresentati uno o due leoni, animali sacri alla dea. Ai fianchi, ora in alto, ora in basso, ci sono divinità minori oppure coricanti, sacerdoti della dea. Nella scultura più grande del complesso, Cibele è rappresentata in posizione stante ed a grandezza naturale; da un lato vi è Hermes e dall’altro Marsia ed una non identificata figura femminile. Chiudono la scena, da ambedue i lati, due cavalieri, i Dioscuri. Purtroppo il grado di conservazione delle sculture è oggi pessimo. Il motivo è inverosimile: le statue furono volutamente danneggiate negli anni cinquanta, a colpi di piccone, da un contadino che mal sopportava le continue presenze dei tanti visitatori. Ma pur essendo rovinate, le figure mantengono un fascino particolare, forse collegato alla suggestione del luogo ed all’enigma che circonda ancora questi reperti. “Un monumento singolarissimo, di grande interesse per la storia delle religioni del mondo antico,espressione di un culto e di una rappresentazione popolare”, scrisse nelle sue varie pubblicazioni, Bernabò Brea. In effetti, bisogna immaginare queste figure – oggi rovinate e sbiadite – colorate ed adornate con corone bronzee o auree, con bracciali più o meno preziosi (i fori praticati a fianco delle teste e delle braccia a ciò servivano), ed altri adornamenti di stoffe e di serti di fiori o di querce o di pini. Un po’ come accade ancora oggi in Sicilia in occasione delle feste religiose dei Santi patroni. Riti arcaici, suggestivi, che si ripetono, senza soluzione di continuità, nelle tradizioni popolari della nostra terra. Tra sacro e profano. "La Sicilia"- 30 gennaio 2007 |
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