E' sfumato lo sbarco di Ikea in Sicilia: solo una lite giudiziaria o c’è di mezzo la mafia?
Ne’ Catania, nè Palermo. E’ sfumato lo sbarco del gruppo Ikea a Catania. La vicenda approderà invece nelle aule del Tribunale di Milano, visto che sulla multinazionale svedese( Ikea è la più grande azienda del mondo di mobili e complementi d’arredo, con oltre 76.000 collaboratori in 43 nazioni di quattro continenti) grava ora una citazione per danni ed una richiesta di risarcimento per 80 milioni di euro. Ma che cosa è davvero successo a Catania? E cosa si nasconde dietro il “dietro-front” di Ikea in Sicilia? Tutto è legato all’accordo tra il colosso dell’arredamento “low cost” ed una società lombarda, la Iko-2 , che era stata incaricata di realizzare a Catania, con la formula “chiavi in mano”, il primo megastore siciliano. “Da più di due mesi è scaduto il termine ultimo di validità del contratto preliminare tra la nostra società e l’Ikea”, ha spiegato Cesare Meregalli, amministratore unico della Iko2 - Abbiamo cercato di comprendere le ragioni dei continui stop, ma non abbiamo trovato alcuna spiegazione logica. Se Ikea avesse sottoscritto il contratto - aggiunge - i lavori per la costruzione della sede catanese della multinazionale svedese sarebbero partiti immediatamente, essendo già disponibili tutte le concessioni e le autorizzazioni necessarie, conseguite in tempi record. Tra l’altro abbiamo fatto ingenti investimenti per decine e decine di milioni di euro. Per fortuna ci sono altri investitori pronti a subentrare nell’area che abbiamo predisposto. Vogliamo andare avanti anche senza Ikea”. Il mega-store doveva nascere alle pendici dell’Etna, nel sito della ex Cesame 2, una azienda che produceva ceramiche sanitarie. Una circostanza che aveva provocato non poche polemiche visto che a Catania esiste un problema di saturazione delle aree utilizzabili per le attività commerciali. Dopo l’approvazione del progetto da parte della Commissione edilizia di Catania, era stato firmato un protocollo di legalità: Ikea avrebbe dovuto comunicare alla Prefettura, le informazioni concernenti i lavori relativi all’ insediamento commerciale e i soggetti interessati all’ iniziativa. Il sindaco Scapagnini si disse, giustamente, molto compiaciuto per il fatto che Ikea avesse scelto Catania per le sue caratteristiche generali “perchè significa che la filosofia che stiamo portando avanti di sviluppo della zona industriale è giusta e la dimostrazione risiede nel fatto che molte imprese scelgono Catania per investire». Eppure, i lavori non sono mai partiti. Ed ora, anche la politica tace. “Viste come sono andate le cose, la cosa in effetti puzza molto ”, ci diceva il segretario della Cisl catanese, Totò Leotta. “ Vogliamo vederci chiaro. Abbiamo chiesto al Prefetto se ci sono state minacce per acquisire appalti e pressioni dei politici per ottenere assunzioni o quant’altro. Ed il Prefetto in un incontro ufficiale non lo ha escluso”. In ballo ci sono circa almeno duecento posti di lavoro. Sono tanti per Catania. Per questo il sindacato spera che Ikea possa mantenere la promessa. “Abbiamo firmato un accordo di programma che prevede la riassunzione dei lavoratori della ex Cesame e di altri cassintegrati”, ci spiegava Tony Fiorenza della Fisascat Cisl. “Siamo pronti a contrattare localmente tutte le flessibilità necessarie, come abbiamo fatto con altri gruppi, pur di favorire nuova occupazione. Ci devono dire che sta succedendo?”
Ikea, intanto, prende tempo. La società ha annunciato che si costituirà in giudizio per tutelare i suoi interessi contro Iko-2. ”La Sicilia rimane nei piani espansione di Ikea”, spiegano con molto fair-play i dirigenti del gruppo svedese. ”Abbiamo sempre creduto nel progetto su Catania e Palermo. Ne è la riprova che abbiamo assunto già 25 persone, a tempo indeterminato. E questo ben due anni fa”. Ma dove e a che cosa stiano lavorando queste persone, nessuno lo sa. Anche gli scandinavi,come i siciliani, hanno i loro misteri
Conquiste del Lavoro- 15 febbraio 2008