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Il mio viaggio in Argentina: dove gli italiani sono un quarto della popolazione
sabato 17 novembre 2007
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Ci sono ancora i manifesti elettorali di Cristina Fernàndez de Kirchner, sui muri, anneriti dallo smog, di Buenos Aires. Il 10 dicembre è fissato il giorno del suo insediamento ufficiale nella “Casa Rosada”, la storica sede della presidenza della repubblica argentina. Ma, in effetti, “la Presidente Cristina”, come la chiamano quì, è entrata già nel pieno della sua attività istituzionale, come dimostra la sua recente partecipazione, in Cile, al vertice dei paesi ispanici dell’America latina. Nella numerosa comunità italiana (rappresenta il 45 per cento della popolazione argentina) c’è grande attesa e curiosità per i primi atti della moglie del Presidente uscente, quel Nèstor Kirchner, sotto la cui guida, negli ultimi anni, l’Argentina ha, in parte, ripianato il suo debito con il Fondo Monetario internazionale ed ha rinegoziato i contratti con i fornitori di servizi. Una strada tuttora in salita. Anche se la stabilità politica ha giovato non poco al sistema economico argentino, favorendo una buona crescita del Pil (8% all’anno), aiutata anche da una sostanziale autosufficienza sul piano energetico. Ma questi progressi non sono servito, certo, a cancellare la diffidenza degli investitori internazionali nei confronti del paese sudamericano, dopo il “default” delle obbligazioni internazionali e la spinosa vicenda dei “bond”. Non è stata ancora superata la grave fase di recessione che portò al deprezzamento della moneta e al picco dell’inflazione. ”Abbiamo avuto il 40 per cento in più di immatricolazioni di auto”, racconta Carmelo Pintabona,un sanguigno siculo-argentino, che in Argentina è il Vice Presidente dell’Inas. “La crescita del Pil non vuol dire che siamo usciti dalla crisi. Gli argentini vivono ancora alla giornata, con salari bassissimi:un operaio guadagna ,all’incirca, 200 euro al mese. Abbiamo grandi giacimenti di petrolio e di gas ma sono tutti in mano agli stranieri: gli americani e gli spagnoli in primis. La diplomazia fa ancora troppo poco. Ed anche la politica italiana si mantiene distante. Prodi è venuto in Sud america, ma invece di venire qui, dove ci sono milioni di italiani, è andato in Brasile. Solo la Fiat ha ripreso ad investire, visto che saranno assunti 4000 mila operai nello stabilimento di Cordoba. Le altre imprese straniere sono andate tutte via”. Un’ analisi impietosa,non molto dissimile da quella dell’ambasciatore italiano in Argentina, Stefano Ronca. ”Vedremo che cosa cambierà con la nuova Presidente”, era il cuore del suo ragionamento nel corso dell’incontro con la delegazione della Cisl a Buenos Aires. Sul piano internazionale, l’Argentina vuole recuperare il prestigio di un tempo. Ma il protagonismo di Lula si fa sentire e avanza in tutta l’area. Il Venezuelano Chavez ha aiutato gli argentini nella crisi dei “bond” e questo pesa nei rapporti tra i due paesi. Ora c’è anche il Messico che sta emergendo. Anche i rapporti con l’Italia sono migliorati dopo la crisi del 2001. Ma le imprese che vogliono investire in Argentina chiedono sicurezza, soprattutto sul piano giuridico. E poi ci sono evidenti ritardi sul piano infrastrutturale, con una inflazione reale a due cifre, che continua a crescere. Ne sanno qualcosa i 50 mila pensionati italiani, che aspettano con ansia ogni mese la rimessa dall’Italia. Sono circa 300 milioni di euro che ogni anno danno una boccata di ossigeno all’economia argentina. Ma non bastano. In molte aree del paese regnano povertà,ignoranza, denutrizione. E questo nonostante l’Argentina sia oggi il terzo produttore al mondo di soia ed uno dei primi per prodotti agricoli OGM. Le attività economiche non sono equamente distribuite nel territorio: in meno di un quinto del paese-il distretto federale e le province di Buenos Aires, Còrdoba e Santa Fè- si concentrano il 63% della popolazione, l’80% per cento della produzione industriale e il 92% di quella agricola. La famosa ”pampas” è stata in buona parte colonizzata dai grandi gruppi agro-alimentari e tessili mondiali. Benetton ha comprato in Argentina centinaia di migliaia di ettari, dove pascolano docilmente milioni di capi di bestiame che diventeranno i nostri pull e le nostre magliette. Ma agli argentini, purtroppo, resterà poco e niente.
Conquiste-16 novembre 2007

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