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In Italia ci sono ventimila baby-prostitute. Una vera tratta delle schiave
venerdì 15 giugno 2007
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“Potrebbe essere tua figlia” La prostituzione minorile è devastante. Uccide la dignità. Alimenta le organizzazioni criminali. E spezza una vita, Vorresti questo per tua figlia? Da alcune settimane i muri di Roma sono tappezzati dai manifesti della campagna contro il fenomeno(purtroppo in ascesa)delle “baby prostitute”. E’ una vera tratta delle schiave di cui si parla troppo poco. Secondo una statistica del Parsec Consortium di Roma (ente no profit che aiuta le vittime della tratta) oltre la metà delle straniere trafficate in Italia a scopo sessuale sta in mezzo alla strada. Per comprendere l’entità del fenomeno, basta recarsi a qualunque ora della giornata su una delle grandi consolari che conducono dal centro di Roma al raccordo anulare. Centinaia di ragazzine di 15 –16 anni, seminude, magrissime, con i tacchi vertiginosi, guardate a vista dai loro protettori, nonostante l’occhio delle telecamere fatte installare dal Comune di Roma sui lampioni alla fine dell’anno scorso. Sembra di essere in un lager. Ogni sera ci sono tamponamenti a catena, perchè le lucciole attraversano la strada per raggiungere le “colleghe” dall’altra parte. Uno sguardo di troppo, stridio di freni, lamiere che si accartocciano. Qualche volte ci scappa persino il morto. E’ una scena squallida, triste, che si ripete anche la domenica mattina, quando ci sono moltissimi automobilisti, con i bambini a bordo, incolonnati per la classica gita fuori porta. Intorno alle prostitute si radunano giovani e anziani in cerca d’avventura, spesso ubriachi e annoiati, con i fari puntati sulle ragazzine che “pisciano” sotto i lampioni. Voci sguaiate,complimenti pesanti, retate spesso inutili. Secondo l’Interpol le presenze delle baby prostitute in Italia variano da 18.000 a 23.000. Vengono tutte dall’Est Europa, giovanissime, impaurite e soggiogabili. Bambine ridotte in schiavitù. Mimetizzate in interni di condomini qualunque e spostate di continuo da una città all’altra, dal nord al sud: lo chiamano carousel system, una mobilità esasperata che crea donne invisibili e racket evanescenti. Schiave da strada e schiave da appartamento. Fa poco differenza. Per la Direzione nazionale antimafia, gli appartamenti a luce rossa coprono tutta Roma, da Centocelle all’Esquilino, da Prati a Piazza Bologna. Il 60 per cento sono rumene: un pullman Bucarest-Roma costa cento euro, e ormai non è più necessario il visto d’ingresso. Le moldave pagano una fortuna per un falso passaporto rumeno. Le ceche e le polacche arrivano per conto loro ma poi vengono sottomese dal racket albanese. Le cinesi sono impossibili da intercettare: poche parlano italiano e quando le associazioni tentano di offrire dei controlli medici, c’è sempre un uomo che strappa la cornetta. Ma ormai lo sfruttamento delle giovani prostitute sta dilagando in tutte le regioni italiane. Nell’assoluta impotenza delle istituzioni, dei partiti, della chiesa. Anche del sindacato. “Sono russe, ucraine, e rumene ventenni: tutte diplomate o laureate”, racconta Vincenzo Maroni dell’Associazione On the road di Teramo. “Per evitare fughe lasciano alla ragazze fino alla metà del guadagno. Con la promessa che in pochi mesi i capi troveranno loro un lavoro onesto. Ma non accade: una volta dentro non si esce più dal racket”. Intorno a Milano o Bergamo, le ragazze in vendita sono tutte sotto i vent’anni. Sono adolescenti abbandonate dai genitori, vendute dai parenti. Per sottometterle, agli sfruttatori basta dar loro la “paghetta”per il cellulare e la maglietta firmata. E loro si affezionano a chi apre le porte del miraggio occidentale. Difficile demolire la dipendenza e convincerle le giovanissime a far arrestare i padri- padroni. La norma che l’Europa ci invidia (l’articolo 18 della legge Turco –Napolitano, passato indenne nella Bossi-Fini)prevede un permesso di soggiorno per le vittime della tratta che collaborano alle indagini, secondo due percorsi chiamati “giudiziario” e “sociale”, abbinati ad un inserimento lavorativo. Ma per le minori la tutela è carente. Certe questure accordano il permesso di soggiorno solo alle ragazze che sporgono denuncia formale, penalizzando le meno coraggiose. Da uno studio del Cnr, risulta che il 90 per cento dei giudici e delle forze dell’ordine non è preparato ad interrogare un minore. Così non chiedono alle ragazze se hanno subito anche abusi sessuali dagli sfruttatori, e loro non ne parlano spontaneamente, perché non sanno che un sì strappato con la forza è uno stupro. Invece, denunciando anche la violenza carnale, otterebbero condanne più pesanti per chi le ha distrutte. Ma in Italia anche i servizi sociali sono disattenti. A diciott’anni spostano le ragazze nelle comunità per adulti, troncando un cammino già difficile. E poi i fondi promessi per il recupero delle baby schiave sono scarsi, e le retate in strada restano le uniche armi usate. Ma è come fare il solletico al racket.
Conquiste del Lavoro- 15 giugno 2007
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