Trent'anni fa, Comiso fu il simbolo della sconfitta del pacifismo anti-americano. La sinistra rifletta...
Vicenza come Comiso. Dopo la manifestazione di sabato contro l’ampliamento della base americana, si è materializzato, come un fantasma, il ricordo della lunga protesta pacifista e dei partiti della sinistra contro i missili atomici Cruise collocati dalla Nato a Comiso. Quì era nato il pittore Salvatore Fiume che una volta scrisse che nel suo paese “la terra, la luce, il colore delle case e del cielo sono uguali a quelli della Giordania e della Palestina.” In effetti, a Comiso ci sono la sabbia, i carrubi, gli ulivi millenari, le viti basse, i terreni riarsi, il caldo di giorno e il freddo di notte, proprio come in Medio Oriente. I contadini col fazzolettone sotto il berretto, nelle giornate di sole somigliano ai beduini e, la sera, coperti fino al capo diventano ombre nere che corrono sotto la luna. Dal 1979 al 1982, questo paesone grigio della provincia di Ragusa(“un guscio vuoto di cicala”, la definì un altro dei suoi figli più illustri,lo scrittore Gesualdo Bufalino), nel cuore dei monti iblei,che vive di agricoltura e di commercio(un terzo delle primizie ortofrutticole di tutta Italia viene da questa zona,sorretto da una rete di cooperative, alcune con fatturati “emiliani”, da una notevole diffusione di banche, da associazioni e consorzi di vario tipo )fu la meta privilegiata dei movimenti pacifisti provenienti da tutta Europa. Eppure, tutto era cominciato senza tanto clamore, il 27 settembre del 1979. La prima notizia che proprio a Comiso, nella vecchia base aerea in disuso, sarebbero stati installati i 112 missili Cruise fu pubblicata da “La Stampa” sulla prima pagina in virtù di un’indiscrezione di una riunione a Bruxelles dei vertici della Nato. Il fatto che l’Italia stesse per ospitare missili atomici, capaci di raggiungere l’URSS, passò, però ,quasi nell’indifferenza generale. Se ne accorse, eccome, la stampa sovietica, attenta ai mutamenti dei rapporti di forza tra est e occidente. Tre settimane dopo, il Presidente Loenid Breznev condannava l’operato della Nato in un famoso discorso a Berlino est. Sulla sua scia, anche gli esponenti della sinistra italiana si unirono al coro, consapevoli (ma tardivamente) dell’importanza del dispiegamento degli euromissili nel Mediterraneo. L’11 ottobre 1979, dopo lunghi preparativi per allargare il cartello delle adesioni, a Comiso si svolse la prima importante manifestazione pacifista. Decine di migliaia di persone sfilarono in corteo dall’aeroporto Magliocco fino al centro del paese. Insieme ai tanti comunisti trascinati dall’impegno, in prima persona, di Pio La Torre, in testa al corteo c’erano dirigenti delle Acli, della Cgil, dell’Arci, di Dp, dei movimenti femministi e, a titolo personale, esponenti socialisti. C’erano, per la prima volta, i comitati pacifisti con i loro striscioni e le bandiere iridate. Comiso diventò il terreno politico sul quale impegnare il partito comunista siciliano per cancellare la bruciante sconfitta elettorale di giugno, per la quale Enrico Berlinguer era andato nell’isola a rincuorare i militanti. Quasi centomila cittadini della provincia di Ragusa firmarono la petizione popolare con la quale si chiedeva al governo di sospendere i lavori di costruzione della base per agevolare così una ripresa delle trattative ginevrine sul disarmo. Ma i lavori non furono sospesi e la base fu regolarmente inaugurata alla fine del 1983. I lavori costarono circa 500 miliardi di lire. Su duecento ettari si costruirono una cittadella autosufficiente, il centro comando, mille appartamenti per i militari, i supermercati, le chiese, i centri sociali, gli impianti sportivi. I terreni circostanti alla base, triplicarono il loro valore. Ecco perché la popolazione di Comiso, nonostante le continue marce di protesta di migliaia di dimostranti, non reagì istericamente alle prospettive di trovarsi una base missilistica atomica sulla soglia di casa. Il sindacato socialista dell’epoca , Salvatore Catalano,ne aveva subito rivendicato il merito: “Se non avessi spiegato la nostra politica, la piazza principale del paese sarebbe rimasta piena di esaltati con le bandiere rosse”. In verità, tutto era legato alla adesione del PSI al programma di modernizzazione delle armi atomiche intermedie della Nato. Se Craxi non avesse sposato questa linea, l’Italia non avrebbe potuto ospitare i missili ed il sindaco Catalano avrebbe preso un’altra posizione. In questo caso i missili non li avrebbe accettati nemmeno la Germania, che aveva posto come condizione alla sua adesione al programma Nato, la dislocazione degli euromissili in un altro paese europeo non atomico. “Noi di Comiso volevamo il disarmo, non la guerra. I missili erano solo un deterrente, visto che avevano obiettivi est europei o russi. Non erano puntati né contro la Libia, né contro la Siria”, aggiunge l’ex sindaco di Comiso il quale, alcune settimane fa, ha chiesto di intitolare una strada di Comiso proprio a Bettino Crazi.Eppure, in quegli anni terribili, scanditi da tanti delitti di mafia, la mobilitazione pacifista in Sicilia fu praticamente quotidiana, ed ebbe una straordinaria creatività, una enorme partecipazione internazionale, ma, soprattutto, una forte ingenuità e inefficacia. Il bilancio dei fautori degli “euromissili” è netto: essi costrinsero i sovietici a tirarsi indietro, li portarono al negoziato sul disarmo e alla fine allo smantellamento reciproco dei due sistemi, firmato nel 1987 da Reagan e Gorbaciov, alla vigilia dello sfaldamento dell’impero militare sovietico. E, dunque, la stessa decisione dei governi italiani dell’epoca rivendica la sua quota di merito nella ricaduta planetaria di quel confronto. Il pacifismo e la sinistra persero quella battaglia. Lo ha recentemente scritto Arrigo Levi: “Quella nostra decisione contribuì in modo straordinario, forse persino decisivo, alla caduta dell’impero sovietico e alla fine del comunismo”.
La Sicilia- 18 febbraio 2007