La disavventura di un italiano a Los Angeles. Indesiderato. Per errore.
E’ un cittadino italiano a tutti gli effetti. Ma per gli Stati Uniti è un pericolo pubblico. Un ”indesiderato”. Morteza Zarbafian, Moris per gli amici, è un tranquillo commerciante romano il cui unico torto(si fa per dire) è quello di essere nato, cinquanta anni, fa a Teheran. Era partito qualche giorno fa da Roma con la moglie e la figlioletta di sei anni per trascorrere tre settimane di vacanze negli Stati Uniti dalla sua famiglia d’origine iraniana che vive in California da diversi anni. Ma è stato rimandato a Roma dopo 27 ore di segregazione totale all’aeroporto di Los Angeles, trattato come un trafficante di droga, peggio di un pericoloso terrorista. ”Un vero incubo”, racconta seduto sul divano della sua casa ,non nascondendo un certo imbarazzo.”Ero partito dall’aeroporto di Roma lo scorso 15 marzo per incontrare mia madre e le mie sorelle che vivono in America da due decenni. Mio padre è seppellito a Los Angeles sulla ”collina delle rose”. Volevo assistere al matrimonio di una mia nipote, Bonnie. Ma tutto è andato storto. Appena siamo atterrati a Los Angeles è iniziato l’inferno” . E’ stata come la sequenza di un film: perquisizioni intime,interrogatori massacranti, isolamento totale, paura. ”Alla fine mi hanno chiuso in una stanzetta, due metri per due, senza finestre. C’era solo una sedia al centro. Sembrava una sala per le torture. Mi scortavano in bagno con la mano sulla pistola. Temevo di essere trasferito a Guantanamo…”. Nessuno ha saputo o voluto fornire una giustificazione per quel trattamento inumano. La moglie di Moris, frastornata, si è precipitata al consolato italiano, ma anche qui la risposta è stata vaga. ”Sorry, non possiamo fare niente”, ha ripetuto la funzionaria di turno. ”Quando tornerete in Italia, denunciate la cosa alle autorità competenti. Dopo l’11 settembre in America esistono delle procedure molto rigide anche per i cittadini italiani. Ragioni di sicurezza nazionale”. Una vicenda grottesca. ”Ma quale sicurezza nazionale? E poi c’è modo e modo di fare i controlli”, ribatte Moris. ”Io sono cittadino italiano da ben 27 anni. Il mio passaporto era a posto, anche la mia fedina penale è integra. Non ho simpatie politiche e non sono un fanatico integralista. Non si capisce che cosa avessero da ridire sul mio conto?E poi dicono che l’America sia la culla della democrazia e della libertà. Sa quale è stata la beffa finale? Alcuni funzionari della FBI, prima di rispedirmi in Italia come un clandestino hanno affermato che si era trattato di un errore!”
Ora la vicenda è sul tavolo dell’Ambasciatore americano in Italia. Anche la Farnesina ha inoltrato una protesta formale al Governo americano. Moris vuole sapere il motivo di quel ”fermo” immotivato. ”Voglio tornare in America, non ho intenzione di rompere con le mie radici. L’ho promesso alla mia bambina che ha il diritto di andare a trovare la sua nonna.”
E’ quella frase,”indesiderato”, a turbarlo. ”Non mi è stato contestato nulla. Ma le autorità americane dell’Office Customs hanno apposto quel maledetto timbro sul mio passaporto. Mi domando perché? Si può essere considerati ”indesiderati” per un errore?”
Conquiste del Lavoro -
24 marzo 2006