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L'infortunio di Francesco Totti. Ci vorrebbe Concetto Lo Bello...
martedì 21 febbraio 2006
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Maledetti terzini. Ne sa qualcosa la caviglia del povero Francesco Totti. Una entrata da dietro dell’empolese Vanigli, la caduta, la torsione innaturale del piede. Risultato: una placca e otto viti al perone. Campionato finito e mondiale di calcio a rischio. Colpa del destino? Può darsi. Prendete uno come Marco Materazzi,lo stopper dell’Inter: un metro e novantatré per 92 chili. Come si fa a proteggere i bomber della nazionale , i vari Toni, Gilardino, Del Piero dall’aggressione di questi carri armati? Una entrata fuori tempo, e addio sogni di gloria. Anche a cavallo degli anni ’70, l’Italia aveva grandi attaccanti: Riva, Boninsegna,Mazzola, Rivera. Ma a tutelare le loro gambe ci pensava Concetto Lo Bello da Siracusa: l’arbitro più famoso della storia del calcio italiano. ”Non ci vuole molto per migliorare il calcio, renderlo più spettacolare. Non servono modifiche regolamentari. Ma quale moviola. Basta e avanza il regolamento, purché applicato”, diceva Lo Bello. E lui il regolamento lo applicava a perfezione. Sapeva che il calcio non era roba da ballerine, ma non faceva sconti a nessuno. Come quella volta al Comunale di Firenze. Si giocava Fiorentina contro Inter. Su un corner, il gigliato Petris cintura in aria il mitico Angelillo. Lo Bello fischia: lo guardano tutti meravigliati e lui indica il dischetto del rigore, mimando a Petris il fallo. Apriti cielo: il Comunale, non ancora intitolato ad Artemio Franchi, sembrava una polveriera , pronta a scoppiare da un momento all’altro. Ma come, rigore per una semplice trattenuta. Sissignore. Passa un quarto d’ora , non di più. La scena si ripete, ancora nell’area viola, ancora Petris protagonista. E Lo Bello che fa? Fischia di nuovo. Petris si gira con l’aria di chi vuole sfottere: non mi dirà che è rigore anche questo, vero? Lo Bello, andando per la seconda volta sul dischetto, e sfoderando un gran sorriso ruffiano: sissignore, e lo sai anche tu vero? Che personaggio Concetto. Trefoloni, Paparesta, Rodomonti, con tutto il rispetto, non esiste proprio confronto. Gli arbitri di oggi non arrivano nemmeno al suo ombelico, quanto a personalità e carisma. In campo e fuori dal campo. Una volta Gianni Rivera si inginocchiò alle sue gambe per indurlo a cambiare una decisione. Fu un gesto ingenuo, spontaneo, che testimoniava l’autorità di cui godeva il fischietto siciliano. Gianni Brera in televisione lo accusò di aver fatto perdere in quell’occasione lo scudetto al Milan. Era il 20 febbraio del 1972. Se Lo Bello avesse assegnato ai rossoneri al Comunale di Torino quel rigore recriminato(fallo di Morini ai danni di Bigon), la Juve non avrebbe vinto lo scudetto, con un solo punto in più del Milan. Gli mostrarono la moviola. Lui ammise di aver sbagliato. Ma a Lo Bello tutto veniva perdonato. Nessuno poteva sognarsi di metterlo in discussione: era un galantuomo. ”Un giorno papà diede tre rigori contro la Spal- ricorda il figlio Rosario- e un ministro delle finanze ferrarese gli mandò un’ispezione fiscale”. Ve lo immaginate oggi Tremonti che manda una ispezione a Regalbuto per difendere l’Atalanta? Come minimo salterebbe il Governo. Lo Bello era democristano. Fece il sindaco di Siracusa e anche il deputato nazionale in parlamento. Negli anni sessanta e settanta riuscì a far costruire a Siracusa la ”Cittadella dello Sport” e il Campo scuola ”Pippo Di Natale”. Fu anche presidente dell’ Ortigia di nuoto e pallanuoto e nel 1976 divenne presidente della Federazione italiana di Pallamano. ”Alle elezioni io votavo per lui”, confessò una volta Candido Cannavò.”Era una bravissima persona. Persino sprecata per la Democrazia Cristiana”. Quanti aneddoti su Lo Bello.Come quella volta che ”provocò” la sconfitta del Cagliari di Gigi Riva all’Olimpico.Il grande Sandro Ciotti concluse così la sua radiocronaca: ”Ha arbitrato Concetto Lobello da Siracusa, davanti a 80 mila testimoni”. Strepitoso.
Il Tempo
22 febbraio2006







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