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Febbre del gas alla siciliana: continua la guerra all'americana Panther
giovedì 19 gennaio 2006
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”Meglio morire di fame che di inquinamento”, troneggia a caratteri cubitali sui muri ingialliti di Noto, la capitale del barocco siciliano. Dalla Val di Susa alla Val di Noto. Sull’onda dei cortei e delle manifestazioni di piazza, la giunta regionale di Totò Cuffaro si appresterebbe in sede di approvazione della legge di bilancio, a revocare (per la seconda volta) l’autorizzazione per la ricerca di ”idrocarburi liquidi e gassosi” ad una società texana, la Panther resources corporation. ”Perché vogliono bloccare proprio noi? Non si capisce questa disparità di trattamento”, commenta per ”Economy” dalla sua residenza di Houston, Jim Smitherman III, il Presidente della multinazionale americana. ”Altre compagnie come la Sarcis, l’Anschutz o l’Edison estraggono petrolio e gas in questa area della Sicilia. L’Eni ha scovato un giacimento di greggio di 400 mila tonnellate l’anno a poca distanza dal centro di Ragusa. Noi crediamo nel potenziale produttivo della Val di Noto. Ma qualsiasi decisione è soggetta al rilascio di autorizzazioni da parte dei Comuni interessati”. Secondo gli americani, nel sottosuolo della Sicilia orientale esisterebbero ben 50 miliardi di metri cubi di gas da mettere a valore, a un costo di produzione che si aggirerebbe sui 10 dollari al barile equivalente di petrolio. La Regione siciliana incassa già circa 20 milioni di euro all’anno dalle ”royalties” per le varie concessioni. E senza tanto clamore, l’Eni ha acquisito recentemente ,dalla stessa Regione, la compagnia mineraria Sarcis (assieme alla Siciliana Gas) che possiede un giacimento di idrocarburi liquidi ed ha rinvenuto tre giacimenti di gas metano nella fascia orientale della Sicilia.

Il prezzo di tutta l’operazione ? Duecento milioni di euro. Insomma, in Sicilia è scoppiata una vera e propria ”febbre” del gas. La culla del ”nero d’Avola” e dei ”pomodorini di Pachino” potrebbe ,in teoria, diventare la riserva energetica del Mezzogiorno.

Ma nella Val di Noto non la pensano affatto così. Il metano si troverebbe vicino ad alcuni antichi centri abitati , da Noto a Ragusa Ibla, da Modica a Caltagirone, da Palazzolo Acreide a Militello in Val di Catania, una zona che l’Unesco ha inserito tra i siti da considerare ”Patrimonio dell’Umanità. A capeggiare questa ”crociata” anti-americana, stranamente, c’è l’Assessore regionale al turismo, Fabio Granata. ” La Sicilia non è in vendita”, tuona da mesi l’esponente di Alleanza Nazionale. ”Noi impediremo le ricerche di idrocarburi nelle zone tutelate dall’Unesco, sia revocando le vecchie concessioni, sia impedendo che ne siano emesse di nuove da parte dei comuni ”. Una posizione che, finora, è rimasta isolata nella giunta regionale di centro destra. ”Revocare le concessioni è impossibile. Ed è una fandonia sostenere che le trivelle costituiscono un pericolo per il barocco”, spiega, l’Assessore regionale ai beni culturali , Alessandro Pagano di Forza Italia. ”In Sicilia occorre garantire uno sviluppo compatibile con l’ambiente. E non esistono vincoli di nessun genere nelle campagne desolate, dove peraltro esistono già delle discariche. Gli americani, poi, non vogliono costruire stabilimenti e raffinerie. E non sarà , di certo, un pozzo largo due metri quadrati a minacciare l’ecosistema della Val di Noto”.

Come andrà a finire questa novella ”gas-rusticana”, insomma, è difficile dirlo. La guerra è solo cominciata. Contro una prima deliberazione della giunta Cuffaro, gli americani hanno presentato un ricorso al Tar siciliano che ha sospeso tutti gli atti della Regione che mirano a bloccare le ricerche sul territorio della Val di Noto. Pare che in soccorso della multinazionale a stelle e strisce sia intervenuta persino l’Ambasciata americana. ”Le autorità dell’Unesco ci hanno scritto escludendo di essere mai stati interessati a questa vicenda”, hanno precisato i legali della Panther in una lettera inviata a tutti i deputati regionali e al Governo nazionale. ”Il nostro investimento,circa 350 milioni di euro, riguarda solo la ricerca di gas metano, con tecnologie pulite. Il petrolio non ci interessa. E poi i comuni avranno dei benefici finanziari: il cinque per cento del ricavato delle royalties , circa 100 mila euro all’anno per ogni pozzo. Ed altri 100 mila euro all’anno saranno destinati ad iniziative culturali. ” Questo spiegherebbe la solerzia con la quale il comune di Ragusa, sia stato il primo( e finora anche l’unico) a rilasciare la concessione per i pozzi alla Panther. I soldi sono soldi, e fanno gola a tutti, soprattutto in tempi di sacrifici per gli enti locali.



Panorama Economy- 19 gennaio 2006

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