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Il Partito Democratico è affogato prima ancora di nascere. Il colpevole si chiama Arturo Parisi
lunedì 21 novembre 2005
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Il dibattito nel centro sinistra sulla costruzione del ”partito democratico” sta assumendo i contorni di una disputa ideologica proprio tra quelli che dovrebbero essere, sulla carta, gli aspiranti fondatori di questo nuovo partito, vale a dire la Margherita da una parte , ed i DS dall’altra . Sull’onda del successo delle ”primarie”, era stato per primo Rutelli a sparigliare le carte, lanciando la sfida del partito democratico. Ma era stato subito scontro sul programma e sulla gestione dei finanziamenti. Poi, i prodiani (con in testa Arturo Parisi) sono andati più in là: hanno chiesto lo scioglimento degli attuali partiti ,dominati secondo loro da ”oligarchie” , ”frutto della cultura consociativa della prima repubblica”. Questa uscita infelice, e soprattutto intempestiva, ha provocato una ulteriore frattura con i DS, che con vogliono fare i portatori di acqua , di voti e finanziamenti. Il diessino Calderoli ha risposto secco a Parisi : ”Noi diciamo no, muori tu. Politicamente s’intende.” Insomma il partito democratico rischia di affogare prima ancora di nascere.

Al centro della discussione c’è proprio una differente valutazione sulle ”primarie”. Secondo Arturo Parisi ed i prodiani, le code ai seggi sono state ”come l’Apocalisse, simili ai movimenti post concilio e del sessantotto.” Secondo i Ds e l’ala moderata della Margherita , la pur importante partecipazione di quattro milioni di persone, non giustifica lo scioglimento dei partiti. Quello che Parisi fa finta di non vedere è che dietro i vituperati partiti ci sono storie, culture, valori, uomini, apparati. Il paragone può sembrare azzardato. Eppure non lo è. Durante gli anni novanta, Sergio D’Antoni, allora leader della Cisl, fece una battaglia strenua per l’unità sindacale, ricevendo da Cofferati e dalla Cgil una risposta negativa. Quella esperienza storica dovrebbe far riflettere quanti oggi scommettono sulla creazione, ”sic e simpliciter”, di un contenitore politico dove far affluire i cattolici democratici e gli ex comunisti. Oggi è già difficile fare sintesi politica all’interno della Margherita, dove convivono anime diverse, tra ex popolari, diniani,rutelliani, e prodiani. Non parliamo poi dei Ds , dove c’è tutto ed il contrario di tutto. Andiamoci piano, per favore. Il partito democratico va costruito prima nella società civile, con grande pazienza e parsimonia. Con tutto il rispetto per Prodi e Parisi , non si capisce quale legame ci sia con le ”primarie del centro sinistra, dove a concorrere, oltre al Professore, c’erano Mastella, Bertinotti e persino Scalfarotto. La gente ha scelto Prodi come sfidante di Berlusconi, ma non ha detto a Rutelli e Fassino: cari amici, ora fatevi da parte. Parisi chiede di ”istituzionalizzare” questa novità e farla ora diventare ”prassi ordinaria”. Ma in nessun altro paese al mondo esiste questo tipo di consultazione popolare e di massa per scegliere i candidati per le varie elezioni. In America le primarie si fanno solo per la scelta dell'aspirante Presidente e si svolgono all’interno dello stesso partito(Repubblicani e Democratici). Ma attenzione: votano solo gli iscritti ai partiti, e soprattutto, chi perde si ritira dalla competizione. In Italia, invece, rischia di prevalere l’assemblarismo, il populismo, il movimentismo radicale che sono l’esatto contrario della democrazia rappresentativa. E poi ,per come sono concepite, queste primarie italiane rischiano sempre di premiare i candidati più radicali (ieri Vendola in Puglia, e domani , Borsellino in Sicilia).

Questo è il ”veleno” che si annida nelle primarie. Se si vuole immettere vera partecipazione dentro le strutture tradizionali della politica, bisogna farlo tramite i partiti. La selezione di una nuova classe dirigente del paese non si efettua per plebiscito popolare. Vincerebbero davvero Celentano, Fiorello o la Ventura. La piazza, fino a prova contraria, ha prodotto soltanto disastri. La storia lo insegna.

21 novembre 2005



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